OPINIONI | Il Covid-19? L’ennesimo alibi per abusare della legge

di Federica Tolomeo e Sara Spanò* – Zona Rossa? Dei contagi o della politica e malasanità calabrese? Tematiche sacrificate per anni e anni in nome di un commissariamento inutile. Serviranno ulteriori anni per restaurare un ordine sociale, ormai da tempo oggetto di dimenticanze, negligenze e inadempimenti.

Il Covid-19 è l’ennesimo alibi per abusare di quei poteri attribuiti per legge alle Autorità in una Regione ove la salute è sempre stata collocata all’ultimo posto, nonostante per Costituzione sia uno tra i principi fondamentali. Denaro stanziato e mai usufruito, soldi pubblici che probabilmente diventavano privati o addirittura dimenticati, cittadini che per decenni vengono manipolati con false promesse e pseudo discorsi.

Il Covid-19 è l’ennesimo alibi per abusare di quei poteri attribuiti per legge alle Autorità in una Regione ove la salute è sempre stata collocata all’ultimo posto, nonostante per Costituzione sia uno tra i principi fondamentali. Denaro stanziato e mai usufruito, soldi pubblici che probabilmente diventavano privati o addirittura dimenticati, cittadini che per decenni vengono manipolati con false promesse e pseudo discorsi.

Un film già visto

Ma la storia si ripete, al punto da diventare ormai un circolo vizioso. La storia insegna a rinascere, ma non in questo caso. Una Calabria sempre legata alla ‘ndrangheta, alla malasanità, descritta come “il territorio feudale” , senza considerare che in realtà essa si è evoluta, che vi sono cittadini onesti che hanno la volontà e la voglia di apportare un contributo per la Regione, chi rispetta le regole e chi, specie in questo periodo cruciale, si è adeguato ai protocolli Covid investendo il proprio denaro, e oggigiorno si vede voltate le spalle.
Nonostante le buone intenzioni, da oggi riparte l’ennesimo nefasto lockdown, un artificio in malafede, norme inique che investono il nostro territorio per un fenomeno di pandemia sconosciuto al mondo scientifico. Da quando si è diffuso, mette in ginocchio i diritti fondamentali fissati nella Carta Costituzionale e gli interessi della collettività, che al contrario dovrebbero essere tutelati con maggior rigore.
Spesso si evoca il diritto alla salute allo scopo di giustificare la zona rossa, ma come si può parlare di salute, che rimanda all’art. 32 della Costituzione Italiana nella nostra Regione? Una triste realtà – risalente nel tempo – che perpetua sul nostro territorio: non occorreva una pandemia per scuoterci e scoprire il velo di Maya. Se lo Stato avesse considerato la Calabria FRA le Regioni e non FUORI l’Italia, e avesse a cuore realmente il problema “salute” non veniva – per anni – abbandonata a sé stessa nella spirale del commissariamento. Come si può pretendere oggi di fronteggiare una criticità tale con soli 20 posti letto di terapia intensiva? Una salute che è diventata ormai strumento politico per attuare strategie, volte ad ambire al potere e non al bene comune.

Il disordine “civilizzato”

Il governo tuona una cosa, la realtà ne disvela un’altra. C’è carenza di obiettività nell’analisi dei dati, con una stampa divisa tra le menzogne professate dal Governo, dalle Regioni che non si sentono ascoltate e dai cittadini esasperati da un sistema non creduto. Sarebbe giusto attuare un disordine “civilizzato” in cui i pensieri prevalgono sulla violenza, ove questa non risieda negli atti vandalici, bensì nella forza delle parole.
I cittadini hanno dei diritti, ma hanno altresì il dovere di vigilare sugli abusi di chi ha potere. La nazione è una Repubblica democratica e non una dittatura “mascherata”. L’ordinamento giuridico ha l’onere inderogabile di tutelare diritti inviolabili, riconosciuti sia all’uomo-singolo che all’uomo-comunità.
Appunto diritti inviolabili! Un’ampia ed articolata categoria di diritti capaci di mutare in base al contesto storico, tali da non poter essere limitati dallo Stato, per la loro peculiarità di essere indisponibili, inalienabili, intrasmissibili e irrinunciabili. Anche i doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale, ad essi correlati, appaiono manipolati nel nostro territorio.
Inverosimilmente, la Calabria che nella prima ondata di Covid-19 ricopriva tra le Regioni un ruolo marginale, oggi al contrario, è equiparata ad alcune Regioni del Nord Italia quali la Lombardia e il Piemonte. Regioni suddivise in colori, sulla base di indici semi – conosciuti ai cittadini e generici, stabiliti “dietro le quinte”, ove la prevalenza di un criterio avveniva probabilmente in modo arbitrario rispetto ad un altro. L’obiezione fa pensare; infatti i numeri dei contagi presenti sul territorio sono nettamente inferiori a quelli di altre Regioni, mentre i problemi legati alla sanità sono assolutamente superiori. Pertanto, alla luce di tali ragioni, è giusto che la Calabria venga sacrificata per superficialità e tardività dei pubblici poteri?

Il diritto alla salute e la libera iniziativa economica privata

Non si può isolare il diritto alla salute, ma deve essere seguito dal diritto al lavoro, su cui si basa la nostra Repubblica, che a sua volta richiama inevitabilmente il concetto di economia. Così strettamente correlato subentra la libera iniziativa economica privata, coesa al principio fondamentale della libertà personale. Principi confluenti nel novero dei diritti sociali, che in tale contesto storico non dialogano tra essi ma paradossalmente si fronteggiano. È notevole come la situazione della Regione Lombardia, ove ha sede la Borsa Italiana, ove sussiste un agglomerato di imprese multinazionali e riconosciuta da sempre come la città dell’economia, sia totalmente in contrasto con i dati epidemiologici ed economici della Regione Calabria. Vero è che occorre bilanciare gli interessi in gioco, fra loro apparentemente confliggenti, ma è necessario analizzare ogni area territoriale nella misura di fattori “sintomatici”, quali il dato anagrafico, la sanità e il Pil territoriale.
Non sussiste una disposizione che espressamente disciplini a quale bene giuridico attribuire prevalenza, in quanto probabilmente ogni Regione ha un punto debole da essere premiato rispetto ad un altro.
Oggigiorno siamo di fronte a continue limitazioni imposte dall’Alto, ad un Governo della maggioranza dominante e, di conseguenza all’assenza di un confronto parlamentare, posto alla base della democrazia rappresentativa del nostro Paese. Gli strumenti normativi adottati ne dimostrano gli abusi imperanti.
Non basta uno strumento normativo quale il DPCM a limitare diritti primari di rango costituzionale. Anzi non è ha dignità normativa. Cosa diversa sarebbe stato il ricorso ad un decreto legge, creato ad hoc e disciplinato nella nostra Carta all’art. 77 al fine di affrontare situazioni di necessità e urgenza e che in ogni caso non annullerebbe i poteri e le facoltà parlamentari, seppur postume.
Probabilmente potrebbe risultare un compito più gravoso, ma certamente metterebbe in confronto le diverse forze politiche che rappresentano l’Italia senza rinunciare alla tempestività degli interventi.
Ed ancora.
È faticoso limitare la libertà personale in tutte le sue articolazioni, ed a maggior ragione non si può attuare tale scelta in base ad una fonte del diritto sub – legislativa, soprattutto non avente valore di legge. Ad ogni modo, non si può danneggiare l’economia di una terra come la Calabria, senza badare ai profili interni deboli della stessa, che versa in un deficit economico e sanitario non indifferente.

Confusione normativa

Per di più, è in auge una completa confusione fra DPCM, ordinanze regionali e ordinanze sindacali, tali da provocare incertezze e dubbi in capo ai cittadini. Atti amministrativi di natura regolamentare tramutati in legge che fanno pensare ad un sovvertimento dei principi costituzionali. Lo scenario confuso di irritualità e aberrazioni giuridiche ha contribuito fortemente alla crescita esponenziale di sfiducia nella classe degli imprenditori, innescandosi un giudizio di inaffidabilità dovuto ad azioni che, in astratto, risultano idonee a tutelare taluni profili, ma in concreto trascurandone altri di pari o superiore valore.
Questo è il punto dolens che frantuma l’unità della Nazione.
Nessun diritto costituzionalmente tutelato può essere tirannico rispetto ad altri, poiché va sempre esercitato il miglior bilanciamento fra i diversi interessi in gioco. È estremamente pericoloso sostenere che l’ordine sequenziale degli articoli costituzionali rifletta una (inesistente) scala gerarchica dei valori che individui irragionevolmente quello più importante rispetto al meno essenziale.
Assistiamo inermi, dunque, ad una fase distonica del nostro Paese, nel progressivo sviluppo di un altro male, probabilmente più difficile da curare, che travolge l’economia reale irrimediabilmente vulnerata dall’azione umana e dagli eventi.

*Praticanti avvocato Studio Legale Perrone

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