Patto corruttivo tra Parente e due consiglieri comunali di Catanzaro, tutti a giudizio (NOMI)

Il processo per i tre imputati, coinvolti nell'operazione Corvo, inizierà il prossimo 13 dicembre davanti al Tribunale di Catanzaro

di Gabriella Passariello – Tutti a giudizio. Il gup del Tribunale di Catanzaro Alfredo Ferraro ha mandato a processo l’ex consigliere regionale Claudio Parente e i due consiglieri del comune di Catanzaro Francesco Gironda e Giuseppe Pisano, coinvolti nell’operazione Corvo, che punta a far luce su un presunto accordo corruttivo tra i tre imputati, un patto, secondo le ipotesi accusatorie, siglato assumendo nelle strutture speciali della Regione rispettivamente il fratello e la compagna dei due consiglieri, utilizzando fondi pubblici per fini privati, pur sapendo di conferire i due incarichi senza procedere ad alcuna selezione pubblica e a persone prive dei requisiti necessari per svolgere quel determinato ruolo.  Il giudice nei confronti dei tre politici, accusati a vario titolo di corruzione in un atto contrario ai doveri di ufficio e peculato, per fatti accaduti il 30 luglio e l’1 agosto 2018, ha accolto la richiesta di rinvio a giudizio ribadita in aula dal pm Graziella Viscomi, che nel corso della requisitoria ha ripercorso gli atti di indagine, sottolineando  “il regalo” elargito da Parente per compensare i due consiglieri nell’aver dato il loro voto in un Consiglio comunale convocato di urgenza per l’approvazione della delibera numero 95 del 13 settembre 2018 con cui l’associazione interregionale “Vivere Insieme” di cui Parente è titolare e amministratore di fatto, ha ottenuto l’affidamento per il progetto di riqualificazione Catanzaro Sud, da periferia a nuova centralità, in aree ex piano di zona numero 5 denominato Corvo-Aranceto, per la costruzione di un complesso di attività di carattere sanitario e sportivo. Gli avvocati difensori Saverio Loiero, Valerio Murgano, Francesco Gambardella e Giacomo Maletta hanno chiesto il non luogo a procedere nei confronti dei loro assistiti. Il processo inizierà il prossimo 13 dicembre davanti ai giudici del Tribunale collegiale.

“I familiari dei consiglieri remunerati senza svolgere attività”

“I familiari dei consiglieri remunerati senza svolgere attività”

Nell’ordinanza che aveva portato all’epoca dei fatti ad un sequestro preventivo, il gip Filippo Aragona, riferiva di reciproci favori risultanti anche dal fatto che il fratello di Gironda e la compagna di Pisano durante l’espletamento del loro incarico hanno avuto rarissimi contatti telefonici con Parente, “con la conseguenza che molto probabilmente loro non hanno mai effettuato alcuna attività, ma hanno solo beneficiato della remunerazione”.

“È vero ca mi pijiasti a fratima, ma ti ho dato visibilità in Consiglio”

Emblematica una conversazione intercettata tra Gironda e una dipendente regionale, dove il primo afferma: “E già te lo avevo dimostrato già, è ca c’era mio fratello cu Parente, ca si no già a Roma l’avia dittu già, ca mi nd’avia iutu. Io adesso sono libero: non devo rendicontare a niente. Se Parente mi dice ah, però tuo fratè. Tu si è veru ca mi pijiasti a fratima da’, ma è pure vero che io ti ho dato una visibilità all’interno del Consiglio comunale (…)”. Ancora tra gli stessi conversanti un altro dialogo, ritenuto interessante dagli inquirenti, su ciò che sarebbe potuto accadere se fosse venuto meno l’appoggio politico a Parente: “Perché… io l’unico modo se no mi cacciavano a fratima, poteva perdere sette, otto stipendi, e allu postu di fratima mintia ncun artru, capito com’è? Ho voluto fare questo”. Gironda in queste conversazioni parla dell’assunzione del fratello come di un qualcosa ricevuto da Parente in cambio della sua visibilità in Consiglio comunale e l’espressione utilizzata dal consigliere, secondo quanto riportato nel provvedimento, tradisce la causa dell’incarico: il voto espresso in seno al civico consesso in provvedimenti che interessavano Parente, certificano un asservimento della funzione pubblica piegata a tutelare le prerogative dell’ex consigliere regionale.

 “Fondi regionali piegati per interessi illeciti”

Per il gip non ci sono dubbi: “siamo in presenza di una forma di peculato. Per come documentato la Regione attribuiva un potere di spesa funzionale a soddisfare finalità istituzionali, e l’uso destinato a soddisfare la copertura di un incarico non previsto obbligatoriamente, ma facultato configura un’appropriazione di denaro pubblico per finalità private”. In altre parole, l’assunzione non è stata funzionale a soddisfare le esigenze istituzionali del consigliere Parente, ma a compiacere le esigenze private dell’imprenditore Parente. “Questo è ciò che ha fatto l’ex consigliere regionale: ha usato i fondi regionali – si legge nel provvedimento – come proprietario, distorcendo le finalità per le quali il possesso medesimo era conferito e piegate a servire i propri obiettivi illeciti, destinandole a vantaggio proprio e dei sodali, remunerati per il loro appoggio in seno al Consiglio”. Anche se il provvedimento del gip è stato annullato senza rinvio dalla Corte di Cassazione per insussistenza del fatto (LEGGI).

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