Un’alga tropicale sulle coste vibonesi, la scoperta a Capo Vaticano

L’alga segnalata è una specie non indigena che possiede un'elevata capacità di proliferare adattandosi a diverse condizioni di luce e substrati
Caulerpa taxifolia var. disticophylla

Dopo la sua prima apparizione lungo le coste di Scilla, in provincia di Reggio Calabria, e in Sicilia oltre dieci anni fa, a conferma dei cambiamenti biologici in corso nel mare Mediterraneo, l’Arpacal ha scoperto a Capo Vaticano, nel Vibonese, la presenza di una nuova alga, la Caulerpa taxifolia var. disticophylla. Il dottor Fabrizio Fabroni, biologo del dipartimento provinciale di Vibo Valentia dell’Agenzia ambientale calabrese, con una lunga esperienza nelle attività di ricerca marina, ha individuato questa alga nel corso di una immersione, interessando subito della scoperta la direzione scientifica dell’Arpacal che ha avviato il percorso di indagine con il coinvolgimento del dipartimento “Biologia delle piante” dell’Università della Calabria.

La ricerca

La ricerca

Dalla ricerca condotta è emerso che la presenza dell’alga Caulerpa taxifolia var. distichophylla, tende a espandersi a nord a svantaggio della biodiversità marina autoctona. L’alga segnalata è, infatti, una specie non indigena che possiede un’elevata capacità di proliferare adattandosi a diverse condizioni di luce e su differenti substrati, come roccia, sabbia, fanghi e praterie di fanerogame marine, come la comune Posidonia oceanica. “E’ fondamentale monitorare, attraverso progetti specifici – ha dichiarato a proposito il direttore generale dell’Arpacal, Domenico Pappaterra – la presenza e l’espansione di organismi potenzialmente invasivi come questa varietà di alga marina e approfondire gli studi sulla loro ecologia, anche in vista dei futuri scenari sui cambiamenti climatici”.

La Caulerpa taxifolia var. distichophylla

La Caulerpa taxifolia var. distichophylla, si legge nella sintesi dello studio svolto, è una macroalga di origine tropicale, probabilmente introdotta in Mediterraneo attraverso le acque di zavorra delle grandi navi, e altre attività umane, responsabili di introdurre miriadi di microrganismi provenienti da altri mari che spesso, trovando le condizioni ambientali favorevoli, hanno la possibilità di proliferare ed espandersi su grandi distanze. La segnalazione della macroalga, nello specifico, riguarda la presenza di diverse colonie, molto vaste, distribuite nella località prospiciente Capo Vaticano, denominata “Scoglio del Vadaro”, alla profondità di circa 20 metri.

Sul sito di controllo, collocato poco più a nord e denominato “Secca di Sant’Irene”, l’alga non risulta presente. Il team che ha condotto la complessa serie di indagini che ha identificato l’alga “aliena” è composto dai biologi dell’Arpacal, Fabrizio Fabroni, Gianluca Pizzonia e Stefania Giglio – che hanno eseguito il campionamento dell’alga, le analisi tassonomiche, morfologiche e morfometriche (misurazioni biometriche) in laboratorio – e dai ricercatori dell’Unical, Amalia Piro, Faustino Scarcelli e Vincenzo Osso, per le analisi genetiche.

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