“Auspichiamo che il presidente dell’unione delle camere penali, l’opinione pubblica tutta nonché tutti gli organi di comunicazione, non fosse altro che per una questione di giustizia sostanziale di parità di diritti ed in ossequio al principio costituzionale di eguaglianza di tutti i cittadini dinanzi alla legge (peraltro tutelato dalla convenzione internazionale per la salvaguardia dei diritti dell’uomo), prendano anche a cuore la vicenda giudiziaria dell’avvocato Francesco Stilo (imputato nell’ambito dello stesso procedimento giudiziario “Rinascita Scott”) sicuramente non meno grave di quella del collega Pittelli, sotto il profilo della violazione dei diritti dell’uomo”. È quanto si legge in un comunicato stampa diramato dal collegio difensivo dell’avvocato Francesco Stilo, rappresentato dagli avvocati Paola Stilo Piero Chiodo e Antonio Larussa, in cui intendo inoltre “esprimere la più sentita solidarietà umana e professionale nei confronti dell’avvocato Giancarlo Pittelli, condividendo pienamente e facendo sua la nota di solidarietà umana e professionale manifestata nei confronti dell’avvocato Pittelli dal presidente dell’unione delle camere penali, Giandomenico Caiazza”.
“È evidente che entrambi i due legali – continua la nota – siano stati in qualche modo le vittime sacrificali, immolate sull’altare della giustizia o meglio vittime di un sistema di natura prettamente giustizialista di uno stato di polizia, in altri termini sembra che il perdurante stato di detenzione intramuraria dei due legali conferisca in qualche modo una sorta di legittimità in più all’operazione “Rinascita Scott”, che nelle more delle indagini, ha visto innumerevoli personaggi pregiudicati di notevole spessore criminale ottenere la libertà o gli arresti domiciliari. Si osserva in particolare che lo Stilo è affetto da gravissime patologie prima fra tutte quella di “ematoma aortico” che il concreto pericolo di contagio da coronavirus potrebbe rendere ancor più devastante e letale”.
“È evidente che entrambi i due legali – continua la nota – siano stati in qualche modo le vittime sacrificali, immolate sull’altare della giustizia o meglio vittime di un sistema di natura prettamente giustizialista di uno stato di polizia, in altri termini sembra che il perdurante stato di detenzione intramuraria dei due legali conferisca in qualche modo una sorta di legittimità in più all’operazione “Rinascita Scott”, che nelle more delle indagini, ha visto innumerevoli personaggi pregiudicati di notevole spessore criminale ottenere la libertà o gli arresti domiciliari. Si osserva in particolare che lo Stilo è affetto da gravissime patologie prima fra tutte quella di “ematoma aortico” che il concreto pericolo di contagio da coronavirus potrebbe rendere ancor più devastante e letale”.
“Si fa altresì presente a tal riguardo – si legge ancora – che iI gip ha ritenuto di rigettare per l’ennesima volta l’istanza “de Menate” difensiva di arresti domiciliari anche col braccialetto elettronico ordinando soltanto il trasferimento dello Stilo presso il carcere di Bologna (ancora a tutt’oggi non eseguito dal Dap per motivi a tutt’oggi non comunicatici) nonostante sia documentato che lo Stilo sia entrato in contatto con detenuti positivi al Covid 19 e sia stato sottoposto ad isolamento sanitario, circostanza quest’ultima che appena pochi giorni fa ha impedito un colloquio dello Stilo col proprio difensore presso la casa circondariale di Opera. Anche sotto il profilo della gravità indiziaria il vigente titolo cautelare estremo appare del tutto privo del benché minimo simulacro di fondamento, atteso che il presunto, ma in verità inesistente concorso esterno nel presunto sodalizio di stampo mafioso, risulta fondato su due presunti reati fine, il primo quello relativo alla presunta corruzione da parte dello Stilo, di un cancelliere del Tribunale dì Vibo Valentia (tal Tripodi) e di un consulente tecnico d’ufficio De Virgilio, di fatto disintegratosi sotto il profilo probatorio nel corso delle indagini, in quanto due dei tre soggetti che secondo l’inconsistenza teorema accusatorio avevano delibato l’accordo corruttivo sono stati già scagionati, dallo stesso Gip e dalla Corte di Cassazione (nei confronti del cancelliere Tripodi) e il secondo relativo a un presunti quanto improbabile) reato dì concorso in violenza privata con l’aggravante del metodo mafioso, peraltro già prescritto”.
“Per quanto attiene al presunto concorso esterno contestato allo Stilo – conclude il collegio – non è dato comprendere, quali segreti di ufficio abbia mai rivelato quest’ultimo al fine di agevolare la vita dell’associazione. Infine dalle stesse risultanze intercettive acquisite in atti, l’assoluta correttezza e trasparenza dell’onesta attività forense esercitata per un trentennio dallo Stilo, prima fra tutti la conversazione captata in carcere tra i Accorinti Giuseppe Antonio ed un altro detenuto, nella quale veniva elogiata l’onesta e lodevole attività difensiva dello Stilo, senza che venisse fatto alcun cenno ad eventuali cointeressenze di natura mafiosa di quest’ultimo”.