Presunte minacce ai familiari più stretti che vivono a Nicotera, uno dei feudi della cosca Mancuso di Limbadi. E’ quanto si celerebbe dietro il clamoroso dietrofront del collaboratore di giustizia Salvatore Schiavone, 46 anni di Nicotera Marina, che lo scorso 3 febbraio avrebbe dovuto deporre in videoconferenza da una località segreta nel maxiprocesso “Rinascita Scott”. A sorpresa il teste ha deciso però di avvalersi della facoltà di non rispondere facendo cadere il gelo nell’aula bunker con il sostituto procuratore antimafia Antonio De Bernardo costretto a rinunciare alla testimonianza del 46enne di Nicotera Marina: “Allora possiamo congedare il teste – aveva detto il pm – poi la Procura prenderà i dovuti provvedimenti”. Oggi si scopre che dietro quella rinuncia ci sarebbe qualcosa di ben più grave: messaggi dal contenuto intimidatorio inviati ai familiari più stretti del pentito tesi a mettere pressione per indurlo a fare un passo indietro. A denunciarlo in aula, al termine dell’udienza tenutasi lo scorso 15 settembre, il pm della Dda di Catanzaro Annamaria Frustaci.
I messaggi alla suocera del pentito
I messaggi alla suocera del pentito
Secondo quanto emerso, Schiavone ha inviato un messaggio al proprio avvocato spiegando i motivi della mancata deposizione nelle ore successive all’udienza dello scorso 3 febbraio. In particolare, il collaboratore di giustizia sarebbe stato intimorito in seguito a “un’imbasciata” mandata alla suocera che vive a Nicotera, tra l’altro nelle vicinanze di due imputati di “Rinascita Scott”, i fratelli Giovanni e Giuseppe Rizzo, ritenuti vicini al clan Mancuso. Il legale ha provveduto ad informare di quanto accaduto la Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro e lo stesso Schiavone avrebbe confermato l’accaduto nel corso di un apposito interrogatorio. La Procura ha quindi depositato in udienza tutti gli atti che riassumono la vicenda chiedendo l’acquisizione a dibattimento dei verbali o, in alternativa, l’escussione del collaboratore di giustizia.
Le dichiarazioni spontanee di Giuseppe Navarra
Chiamato come teste dell’accusa nel processo Rinascita-Scott, la collaborazione di Schiavone era emersa in seguito all’avviso conclusione indagini preliminari firmato dalla Dda di Catanzaro in relazione a un’operazione che aveva portato all’arresto di numerose persone per associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico dal Brasile e dall’Albania. Al centro di questa inchiesta il boss di Zungri Giuseppe Accorinti. Il 3 ottobre del 2019 Schiavone aveva parlato degli uomini del locale di ‘ndrangheta di Zungri in Toscana e, in particolare, dei fratelli Valerio e Giuseppe Navarra di Rombiolo. Quest’ultimo ha preso la parola nell’udienza di ieri, giovedì 16 settembre, per rendere dichiarazioni spontanee e accusare il pm antimafia Antonio De Bernardo di aver minacciato il pentito dopo la rinuncia alla deposizione lo scorso 3 febbraio quando Schiavone si era avvalso della facoltà di non rispondere. Per queste affermazioni, la Dda di Catanzaro procederà per il reato di calunnia e il verbale dell’ultima udienza sarà inviato alla Procura di Salerno.