Sesso e ‘ndrangheta, processo ai due preti a Vibo: Diocesi non pagherà gli eventuali danni

Il Tribunale di Vibo ha rigettato la richiesta dei legali delle parti offese: la Curia non sarà responsabile civile. Per i giudici i due sacerdoti avrebbero agito personalmente

di Mimmo Famularo – La Diocesi di Mileto, Nicotera e Tropea resta fuori dal processo che vede imputati per tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso due sacerdoti: don Graziano Maccarone, 43 anni segretario particolare del vescovo monsignor Luigi Renzo, e don Nicola De Luca, 40 anni, reggente della Chiesa Madonna del Rosario di Tropea. Nell’udienza celebrata questa mattina dinnanzi al Tribunale collegiale di Vibo Valentia, il giudice Tiziana Macrì ha infatti rigettato la richiesta avanzata dai legali di parte civile, gli avvocati Michele Gigliotti e Daniela Scarfone, i quali avevano chiamato in causa la Curia vibonese, indicata come responsabile civile nel processo a carico dei due preti. In caso di eventuale condanna la Diocesi avrebbe dovuto rispondere economicamente risarcendo la famiglia Mazzocca. Il collegio ha però rigettato la richiesta dei due difensori delle parti offese ritenendo , in estrema sintesi, che gli imputati avrebbero operato – secondo la prospettazione accusatoria – personalmente e non per conto della Diocesi di Mileto, Nicotera e Tropea. Un sospiro di sollievo per la Curia vibonese che rimane – almeno per il momento (possibile ricorso in Cassazione) – fuori dal processo. Sciolta la riserva, il Tribunale ha rinviato tutto al prossimo 12 maggio quando verranno sentiti i primi due testi, ovvero gli investigatori della polizia giudiziaria che hanno svolto le indagini sotto il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro guidata da Nicola Gratteri.

Dalle minacce ai messaggi a sfondo sessuale

Dalle minacce ai messaggi a sfondo sessuale

Sesso e ‘ndrangheta al centro di una vicenda dai contorni torbidi. L’accusa ruota infatti su una tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso. Le presunte vittime hanno già incassato un punto a loro favore. Il Tribunale collegiale ha infatti dato il via libera nella scorsa udienza alla costituzione di parte civile di Roberto Mazzocca e delle due figlie, Francesca e anche Danila. Secondo quanto emerso dalle indagini condotte sul campo dalla Squadra Mobile di Vibo, Roberto Mazzocca si era rivolto ai due sacerdoti perché lo aiutassero economicamente per evitare l’espropriazione dei beni pignorati alla figlia a causa di un debito contratto con una terza persona. I due preti, in concorso tra di loro e con più condotte perpetrate in tempi diversi mediante violenza e minaccia, avrebbero agito con l’intento di recuperare circa 9mila euro per compensare il debito contratto da padre e figlia. I fatti contestati si riferiscono ad un arco temporale che oscilla tra la il 2012 e i primi mesi del 2013. Nel bel mezzo di questa vicenda si inseriscono anche una serie di messaggi a sfondo sessuale che Maccarone avrebbe inviato alla figlia maggiorenne del loro debitore, tra l’altro invalida al 100% per una disabilità. Gli investigatori avrebbero accertato oltre tremila contatti telefonici tra i due con don Graziano che si sarebbe fatto inviare non solo foto compromettenti ma anche indumenti intimi della ragazza. Maccarone avrebbe evocato anche l’intervento del clan Mancuso di Limbadi in caso di mancata restituzione del denaro. Così la vicenda è finita sulla scrivania del procuratore della Dda di Catanzaro Nicola Gratteri che ha aperto l’inchiesta affidata al sostituto Annamaria Frustaci e che lo scorso 21 gennaio ha portato al rinvio a giudizio dei due preti.

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