Il contenuto della lettera alla Carfagna che riporta in cella Pittelli: “Sono finito nelle grinfie di folli”

Pittelli chiede al ministro di non abbandonarlo: "Vivo da due anni in stato di detenzione, finito professionalmente, umanamente e finanziariamente"
vicenda Pittelli

di Gabriella Passariello- Inizia con  “cara Mara  non potrei avere rapporti di corrispondenza con nessuno ma ti prego di credere che sono ormai disperato”, la lettera inviata con raccomandata il 12 ottobre 2021 dal penalista Giancarlo Pittelli  al Ministro per il sud e la coesione territoriale,  trasmessa alla Questura di Catanzaro dallo stesso Ispettorato di Pubblica sicurezza di Palazzo Chigi e depositata alla Dda del capoluogo calabrese. Una lettera, in cui il noto penalista imputato nel processo Rinascita Scott esterna tutta la sua sofferenza e le sue angosce e che è la causa del suo ritorno in carcere per aver violato le prescrizioni impartite dal giudice nel momento in cui gli ha concesso i domiciliari (LEGGI QUI): “Sono detenuto in ragione di accuse folli formulate dalla Procura di Gratteri ed asseverate dalla giurisdizione asservita. L’accusa di concorso esterno rimasta in piedi nei miei confronti- scrive alla Carfagna-  consisterebbe nell’avere rivelato ad esponenti della cosca di ‘ndrangheta denominata Mancuso il contenuto dei verbali secretati delle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Andrea Mantella. L’indizio sarebbe rappresentato dal contenuto di una conversazione captata nel corso della quale, il 12 settembre 2016 io, interloquendo con un cliente, ho affermato: ‘dice (dicunt) che ha scritto (il pentito) una lettera alla madre” e che accusa il fratello . “La Cassazione che come sai meglio di me è il giudice del provvedimento e non di merito ha preso atto del fatto che dalla lettera scritta dal pentito alla madre, i quotidiani calabresi ne avevano già parlato alcune settimane prima del 12 settembre 2016. Di contro ha ritenuto efficace il riscontro costituito dall’affermazione circa le accuse mosse nei confronti del fratello: fatto che avrei potuto apprendere soltanto dalla lettera dei verbali non ostesi . L’accusa nei confronti del fratello è fatto che si è verificato effettivamente alcuni mesi dopo il 12 settembre 2016, e, dunque vi è la prova in atti che la mia, altro non era che la corretta lettura di una previsione agevolissima da compiere, attesa la caratura criminale della famiglia del collaboratore”.

“In atti la prova della manipolazione”

“In atti la prova della manipolazione”

Nella lettera, Pittelli, sottolinea l’esistenza in atti della prova della manipolazione di un’altra captazione ambientale, avente ad oggetto le dichiarazioni del pentito, “io affermo di non poter dare consigli in quanto non sappiamo cosa dirà costui e gli inquirenti aggiungono alla frase l’avverbio ancora, indicandomi quale soggetto proteso comunque, alla ricerca dei verbali”. Il legale riferisce nero su bianco alla Carfagna che nelle interlocuzioni discute con i suoi clienti solo di verbali omissati, già versati dalla Procura nei vari dibattimenti in corso, “affermo l’esistenza di verbali con 250 omissis e da qui la considerazione dell’effetto devastante che avranno le dichiarazioni del pentito sulla criminalità del comprensorio. Tutto qui. Non ti nascondo nulla, ti rappresento la verità dei fatti. Stiamo preparando una nuova istanza nel merito e un’interrogazione parlamentare che Vittorio Sgarbi proporrà come primo firmatario”.

“Non mi abbandonare, sono finito nelle grinfie di folli”

Pittelli chiede al  Ministro di non abbandonarlo, “sono innocente, finito nelle grinfie di folli per ragioni che ti rivelerò alla prima occasione. Aiutami in qualunque modo. Io vivo da due anni in stato di detenzione, finito professionalmente, umanamente e finanziariamente. Tutto ciò non è giusto. A tutto questo aggiungi che non sono mai stato interrogato dai magistrati del “Pm”, né dal gip dopo essermi avvalso della facoltà di non rispondere in sede di interrogatorio di garanzia. Non avevo avuto il tempo di leggere le 30mila pagine di ordinanza e richiesta”. La lettera si chiude con un numero di telefono dato da Pittelli alla Carfagna ricordandole che “le tue telefonate come ben sai sono tutelate ex articolo 68 anche se… talvolta qualcuno se ne dimentica di proposito”

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