“Si tratta di un’indagine importante, il locale di ‘ndrangheta di San Leonardo di Cutro, che potrebbe sembrare piccolo, in realtà già negli anni ’70 aveva impiantato una raffineria di eroina. Pensate a Cosa Nostra di quel periodo che interagiva con Cosa Nostra Americana e di Palermo, la quale aveva rapporti con il clan Grande Aracri collegato a triplo filo con la locale di San Leonardo di Cutro”. Lo ha detto nel corso della conferenza stampa il procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri, sottolineando la significativa operazione “Malapianta” che ha portato circa 250 finanzieri della Guardia di Finanza di Crotone e di altri reparti delle Fiamme Gialle calabresi in concorso con lo Scico ad eseguire 35 provvedimenti di fermo e un sequestro di beni milionario. “Un altro dato importante- ha aggiunto Gratteri- da un punto di vista probatorio è che siamo in provincia di Crotone, che è ad altissima densità mafiosa esattamente come la provincia di Vibo”. Un’inchiesta, come ha sottolineato il procuratore della Dda che nasce dalla denuncia di imprenditori vessati, costretti a cedere per anni alle richieste estorsive dei loro aguzzini, richieste ammontanti anche a 700 o 800mila euro. La cosca avrebbe imposto l’acquisto e la distribuzione di caffè, di benzina, la vendita di bar, ristoranti e strutture alberghiere “ il fatto che gli imprenditori abbiano denunciato- ha concluso Gratteri- dimostra la fiducia nel lavoro delle Forze dell’ordine e della magistratura e ci da la carica per dire che siamo sulla strada giusta. Un’inchiesta che non ci sarebbe stata se non ci fosse stato un apparato di polizia di qualità. L’essere arrivati oggi a questo livello è il sogno di un progetto che è partito tre anni fa”. Un clan di ‘ndrangheta non riconosciuto da sentenze finora, ma che questa operazione “consente – ha detto il procuratore aggiunto Vincenzo Lubero- di definirla una locale al pari di quella dei Grande Aracri”. Il colonnello Emilio Fiora, comandante della Guardia di finanza di Crotone si è soffermato “sulla ‘ndrangheta che toglie lavoro, impedendo il libero mercato. Un clan che stava annullando il settore del turismo. I proventi delle estorsioni, dell’usura e della droga, avevano consentito alla locale di accumulare fortune, investiti in distributori di carburanti, ristoranti, bar, posti sotto sequestro. “Gli investigatori- ha affermato il colonnello Andrea Pecorari, vice comandante dello Sco- non saranno mai lasciati soli, non avranno mai il problema di sapere a chi chiedere aiuto”, sottolineando la continua sinergia tra Sco e Guardia di Finanza.