LA SENTENZA

Morì in un cantiere edile alle porte di Catanzaro mentre stava lavorando, ferito il collega: datore di lavoro condannato

Il fatto è avvenuto il 18 dicembre 2015 a Caraffa. Omicidio colposo e lesioni personali colpose le accuse contestate
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Tre anni di reclusione per l’omicidio colposo del 39enne di Amaroni Gregorio Giuseppe Muzzì e per le lesioni personali colpose riportate da un altro operaio, avvenuti il 18 dicembre 2015 in un cantiere edile in località Difesa a Caraffa alla porte di Catanzaro. Il giudice del Tribunale monocratico di Catanzaro Beatrice Fogari ha condannato il datore di lavoro e responsabile della sicurezza Giovanni Bova, rappresentante legale dell’omonima impresa individuale, anche alla rifusione delle spese di costituzione e difesa delle parti civili, rappresentate dagli avvocati Renzo Andricciola, Sabrina Apollinaro e Francesco Fulvio Attisani e al risarcimento dei danni da liquidarsi in sede civile.

Secondo le ipotesi accusatorie, l’imputato, difeso dall’avvocato Arturo Bova,  con imprudenza ed imperizia e in violazione delle prescrizioni imposte per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, avrebbe provocato la morte del giovane operaio che stava lavorando, come addetto alle operazioni di manutenzione e sostituzione di grondaie, impegnato all’interno di un cestello metallico  collocato all’estremità del braccio metallico elevatore  installato su un’ autogru. In particolare il datore di lavoro avrebbe omesso, sempre secondo le accuse, di effettuare la manutenzione ordinaria e straordinaria della piattaforma gru utilizzata per i lavori, non effettuando le registrazioni delle operazioni e l’indicazione delle corrispondenti ore di lavoro della macchina, consentendo un uso improprio della pittaforma-gru. Inoltre non avrebbe dotato gli operai infortunati dei dispositivi di sicurezza obbligatori, non imponendo loro l’uso di cinture di sicurezza. La rottura del braccio meccanico ha provocato la caduta di Muzzì dal cestello, che ha impattato sull’autocarro e per lui non c’è stato nulla da fare, mentre il suo collega ha riportato lesioni gravi “determinanti una malattia e incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni” per oltre 40 giorni. (g. p.)

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