In totale accoglimento delle ragioni giuridiche formulate dal cassazionista Dario Vannetiello e dall’avvocato Francesco Albanese, la seconda sezione della Suprema Corte, nonostante la richiesta di inammissibilità del ricorso formulata dal Procuratore Generale, ha annullato l’ordinanza emessa lo scorso novembre dal Tribunale del Riesame di Reggio Calabria nei confronti di Mariano Tegano, ritenuto il capoclan della storica cosca operante nella città dello Stretto.
Le ipotesi accusatorie e la linea difensiva
L’accusa era quella di aver diretto ed organizzato la omonima cosca operante anche in altri luoghi del territorio nazionale ed all’estero, traendo la fama criminale e capacità assoggettante anche dalle precedenti condotte poste in essere da Pasquale Tegano, padre di Mariano, attualmente ristretto al 41 bis, il regime del carcere duro. Le prove della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, rappresentate dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Maurizio De Carlo e Francesco De Giorgi, nonché da plurime prove captative dimostrative anche della asserita partecipazione di Mariano Tegano agli incontri con il boss Carmine De Stefano al momento della sua scarcerazione, apparivano granitiche. Le articolate argomentazioni di diritto formulate dal collegio difensivo hanno sgretolato il quadro indiziante, censurando con successo la pur ampia motivazione resa dal Tribunale del Riesame.
Annullamento con rinvio
La Suprema Corte ha annullato con rinvio per nuovo giudizio innanzi al Tribunale reggino, il quale sarà chiamato a decidere seguendo le indicazioni che saranno tracciate dai giudici capitolini nella sentenza che a breve verrà depositata. “Con la sorprendente decisione assunta dalla Suprema Corte – si legge in una nota diramata dal collegio difensivo – si apre la possibilità di un ritorno in libertà del ritenuto uomo di vertice del clan Tegano, senza sottacere che della sentenza della Cassazione e del successo ottenuto Mariano Tegano potrà beneficiare nel corso del processo principale”.