Processo alla ‘ndrangheta di Laureana di Borrello, 17 condanne e 12 assoluzioni

L'imprenditore è stato rinviato a giudizio con l’accusa di calunnia ai danni di un suo concorrente

Pene che vanno da un minimo di 10 mesi ad un massimo di 18 anni di reclusione; 17 condanne e 12 assoluzioni. Queste le decisioni dei giudici del Tribunale di Palmi davanti ai quali si è celebrato il processo scaturito dall’operazione Lex contro la cosca di ‘ndrangheta dei Ferrentino-Chindamo e Lamari di Laureana di Borrello. Un’inchiesta coordinata dalla Dda di Reggio Calabria e sfociata in un blitz che nel novembre del 2016 portò all’arresto di una quarantina di persone accusate, a vario titolo, di associazione mafiosa, concorso esterno, porto e detenzione di armi, traffico e detenzione di stupefacenti, estorsione, danneggiamenti, lesioni gravi, frode sportiva, intestazione fittizia e incendio, il tutto con l’aggravante del metodo mafioso.

Condannati il presunto boss e il figlio

Condannati il presunto boss e il figlio

La condanna più pesante è stata inflitta al presunto boss Angelo Lamari e al figlio Mattia, che dovrà scontare rispettivamente 18 anni e 13 anni di carcere. Condanna a 15 anni di reclusione per Giuseppe Pititto mentre a 13 anni sono stati condannati Fabio Mastroianni, Vincenzo Lamari e José Signorello. Per tutti gli altri si oscilla tra i 10 mesi e i 5 anni. Sono stati invece assolti da tutti i reati Francesco Barberio, Mario Bevilacqua, Alla Bielova, Domenico Chindamo, William Comi, Pasquale Dimasi, Alessandro Ferrentino, Rocco Lamari, Claudio Napoli, Maurizio Oppedisano, Francesco Piro e Andrea Preossomariti.

Operazione Lex e il coinvolgimento di un assessore

L’inchiesta ha svelato uno spaccato sui presunti rapporti della ‘ndrangheta con l’amministrazione di Laureana di Borrello. La locale, secondo gli inquirenti, sarebbe riuscita ad ottenere appalti e lavori pubblici. Tra le persone coinvolte figura infatti anche l’ex assessore comunale Vincenzo Lainà, condannato a 5 anni.
L’ipotesi a suo carico era che, sebbene non facesse parte “stabilmente” della Locale, abbia fornito “un concreto, specifico, consapevole e volontario contributo alla ‘ndrina Chindamo-Ferrentino, come referente politico del sodalizio”.

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