di Sergio Pelaia – Il commissariamento deve finire. Anzi no: la fine del commissariamento non basta. Oppure: se proprio il commissariamento deve andare avanti, è giusto che il commissario sia il presidente della Regione. Le promesse, gli impegni, gli annunci, insomma la vagonata di parole che si sta scaricando su questa campagna elettorale per il problema dei problemi, la sanità calabrese, potrebbe essere destinata a rimanere tale.
Le parole e i fatti
Le parole e i fatti
Roberto Occhiuto ne parla praticamente ad ogni comizio, Amalia Bruni non fa che ripetere che è la più titolata sull’argomento, Luigi de Magistris incita alla ribellione contro i ras di cliniche e ospedali, Mario Oliverio rimpiange di non essersi incatenato a Palazzo Chigi e prova a mettersi contro quella che lui chiama deriva coloniale. Nell’unico momento in cui però il massimo rappresentante istituzionale del settore, ovvero il ministro della Salute Roberto Speranza, interviene nella campagna per le Regionali del 3-4 ottobre, l’argomento del commissariamento della sanità viene abilmente aggirato.
Dietro il politichese niente
È successo ieri in un incontro online in cui Speranza ha assicurato il suo sostegno ad Amalia Bruni (leggi qui). Vi hanno partecipato anche alcuni dirigenti calabresi di Articolo 1, il partito del ministro, e il responsabile nazionale degli enti locali del Pd Francesco Boccia. “Farò ogni sforzo per aiutare la Calabria a stare a testa alta dentro la sfida del Paese di costruzione di una nuova grande stagione di investimenti sul nuovo servizio sanitario nazionale. Penso che la Calabria – ha detto il ministro della Salute – abbia una sfida di fronte a sé e nella sfida ha chiaramente bisogno di sviluppare una grande sinergia tra il Governo regionale, i Governi territoriali e il Governo nazionale. Ed è la sfida di entrare in questo tempo nuovo della sanità”. L’unico riferimento, per altro abbastanza in politichese, è insomma alle opportunità del Pnrr.
Ancora lacrime e sangue
La vetta che Speranza arriva a toccare è quella di dire che la Calabria “merita maggiore attenzione nazionale”. Per lui è il massimo. Sulla fine del commissariamento, invocata da ogni parte politica, nulla di nulla. E forse, al di là della propaganda elettorale, non potrebbe neanche essere diversamente visto che l’ultimo verbale del “Tavolo Adduce”, ovvero il luogo istituzionale in cui si verifica lo stato dell’arte dei Piani di rientro delle Regioni commissariate, disegna ancora una situazione lacrime e sangue: Livelli essenziali di assistenza in caduta libera, buchi neri nelle Asp di Cosenza e Reggio, debito pregresso ancora da quantificare compiutamente.
No allo stralcio del debito
“Occorre poi attentamente valutare – si fa notare in sede di tavolo interministeriale – eventuali proposte normative che potrebbero generare effetti emulativi e ricadute in termini di finanza pubblica nel breve e nel lungo periodo, dopo un lavoro di risanamento dei conti del SSN che ha richiesto impegno pluriennale da parte di tutte le regioni”. Tradotto: se facciamo una legge per azzerare il debito della Calabria poi pretenderanno lo stesso anche le altre Regioni in situazioni analoghe, che magari hanno recuperato più della Calabria in questi anni di tagli e sacrifici. La proposta di uno stralcio per il debito pregresso, per Roma, non è “percorribile”. E Speranza non tocca neanche l’argomento. Più chiaro di così…