Traffico di influenze illecite, definitiva la condanna per l’ex assessore del Comune di Catanzaro

La Corte di Cassazione ha confermato il verdetto di condanna emesso dai giudici della Corte di appello di Catanzaro

Diventa definitiva la condanna a nove mesi di reclusione (pena sospesa), nei confronti dell’ex assessore comunale allo Sport Giampaolo Mungo, giudicato con rito abbreviato, coinvolto insieme ad altri due imputati nell’ambito dell’inchiesta istruita dal sostituto procuratore Graziella Viscomi, sulle presunte irregolarità nella gestione della piscina comunale “Vinicio Caliò”, nel quartiere Pontepiccolo di Catanzaro. Lo ha deciso la Corte di Cassazione che ha confermato il verdetto, emesso a marzo dell’anno scorso, dalla Corte di appello di Catanzaro per l’imputato accusato per traffico di influenze illecite, in concorso con  Antonino Lagonia e Salvatore Veraldi, che hanno scelto il rito ordinario e nei cui confronti è in corso il processo dibattimentale.  

“Il patto criminale”

“Il patto criminale”

Secondo le ipotesi accusatorie ci sarebbe stato un  “patto criminale” consistito nel mettersi a disposizione del gestore della piscina comunale di Catanzaro, venendo incontro a qualsiasi esigenza correlata al controllo degli spazi d’acqua, avvalendosi delle sue conoscenze all’interno di Palazzo De Nobili dietro il pagamento di un prezzo o l’assunzione di “uno di famiglia”. In particolare Mungo, all’epoca dei fatti assessore comunale allo Sport, avrebbe sfruttato e vantato relazioni con pubblici ufficiali  o comunque incaricati di pubblico servizio operanti al Comune di Catanzaro e nell’azienda municipalizzata della Catanzaro Servizi per farsi promettere ed effettivamente dare diverse utilità (corrisposte  tramite Salvatore Veraldi, all’epoca dei fatti fidanzato con la figlia di Mungo) da Antonio Lagonia, titolare dell’associazione sportiva dilettantistica “Catanzaro Nuoto”.

Lo scambio di favori

In particolare, Mungo avrebbe promesso di mettersi a disposizione di Lagonia e della sua Asd Catanzaro Nuoto per qualsiasi esigenza connessa all’esercizio e alla gestione degli spazi d’acqua della piscina comunale “Vinicio Caliò”, anche in relazione alla programmazione per la gestione dei campi da tennis di Pontepiccolo, ricevendo in cambio una serie di utilità: la somma di 7.500 euro versati, il 20 luglio 2015  dal conto della Asd Catanzaro Nuoto sulla posta pay evolution  intestata a Salvatore Veraldi, con causale “assistenza spogliatoi, attività agonistiche e assistenza campus estivo” nel periodo intercorrente tra ottobre 2014 e luglio 2015. Ma quale sarebbe stato per la Procura l’espediente per intascare questa somma? Lagonia avrebbe proceduto all’assunzione fittizia di Veraldi, definito dall’accusa “necessario e consapevole conoscitore del patto criminale fra Mungo e Lagonia”, il quale, fra l’altro, risulta del tutto sconosciuto agli altri dipendenti e collaboratori che hanno operato nella piscina comunale. Avrebbe corrisposto allo stesso Veraldi somme di danaro a titolo di stipendio, con l’anomala modalità di pagamento, in un’unica soluzione, “per 9 mesi di asserita prestazione lavorativa”, al solo fine di stornare i soldi in favore di Mungo, come si desumerebbe dai prelievi in contanti di Veraldi immediatamente dopo la ricezione del bonifico.  E poi ancora, la somma di 7.500 circa per l’anno 2016 corrisposta in contanti e sempre tramite Veraldi, con consegna mensile di 925 euro a titolo di stipendio per “l’apparente prestazione lavorativa svolta”. L’altro favore ricevuto da Mungo sarebbe stato quello di ottenere l’assunzione nella società sportiva della figlia. Fatti commessi a Catanzaro il 20 luglio 2015 mentre la promessa risale al mese di ottobre 2014.

La protezione di Mungo

Lagonia, nel corso dell’interrogatorio davanti al pubblico ministero, riferisce quella che per lui sarebbe stata una mera richiesta di aiuto andata a buon fine: “I miei problemi iniziarono proprio nel momento in cui il 19 settembre 2013 mi recai nell’impianto con mia moglie per prendere possesso della segreteria, su espresso invito della Catanzaro Servizi. Il locale destinato alla segreteria della mia associazione era chiuso con un lucchetto e nessuno provvide a rimuoverlo. Io e mia moglie fummo costretti ad adibire un bancarello a mo’ di scrivania per poter ricevere le iscrizioni degli utenti, iscrizioni che non avvenivano, poiché eravamo adagiati male e dunque non credibili, ma soprattutto vi era una campagna di dissuasione evidente. Gli stessi dipendenti della Catanzaro Servizi indirizzavano alle altre associazioni gli utenti che intendevano iscriversi. Decisi di rivolgermi a Mungo, mio amico di vecchia data e lui con il suo solito fare mi disse: “me la vedo io non ti preoccupare”. Lagonia non sa chiarire in che termini si sarebbe tradotto l’intervento di Mungo, precisando però che quel clima di ostruzionismo che si era venuto a creare era cessato, il lucchetto alla segreteria venne levato e la sua associazione ha tranquillamente potuto operare, sebbene l’ostilità dei titolari delle altre associazioni non era finito: “era come se stessero sempre con il fucile spianato per vedere se commettessi un errore nella gestione”. I rapporti tra Mungo e Lagonia iniziano ad incrinarsi e Mungo, secondo quanto riferisce Lagonia in atti, gli intima di corrispondergli delle somme di denaro, altrimenti sarebbe finito il suo sostegno e sarebbero ricominciate le difficoltà di gestione del lotto che si era aggiudicato.

“Quando ti chiedo qualcosa dammela e basta”

A partire dal gennaio 2015, epoca in cui il presidente della Asd Catanzaro Nuoto, aveva già ottenuto l’aggiudicazione della gestione degli specchi d’acqua, Mungo gli chiese  dei soldi quale remunerazione per il suo interessamento: “Dopo le feste di Capodanno Mungo mi chiamò per raggiungerlo al Ciaccio dove lavorava. Lo feci e lì mi chiese improvvisamente e inaspettatamente di dargli la somma di 3mila euro. Non capii e pensai che mi stesse chiedendo un prestito, senonchè Mungo mi disse che se volevo non avere problemi con la piscina avrei dovuto fare così, che sapevo benissimo come funzionava in questi casi”. Poi iniziano i toni intimidatori: “Antò quando ti chiedo qualcosa dammela e basta, perché hai capito bene come funziona. Se mollo io, tu il giorno dopo sei fuori”.

I timori di Lagonia

Un colpo enorme a detta di Lagonia, “ma non sapevo cosa fare, poiché da me dipendevano le sorti del personale assunto ed il mio impegno economico con la Catanzaro Servizi. Devo dire infatti che non solo mi preoccupai  delle pressioni delle altre due associazioni che Mungo aveva dimostrato di placare (Sportinsieme e Gas ndr), ma soprattutto temevo, per l’esistenza di una clausola che consentiva alla Catanzaro Servizi di revocare la gestione praticamente ad libitum”. Una spada di damocle che lo indusse a consegnare 3mila euro in busta chiusa a Mungo. “Dopo di allora Mungo mi chiese altri soldi ed io feci capire che non avevo alcuna possibilità economica di farlo. Allora mi suggerì di attingere dai fondi dell’associazione e di farlo facendo figurare l’assunzione di un ragazzo, Salvatore Veraldi, all’epoca dei fatti fidanzato con la figlia (… ). Mungo cercava di strumentalizzare la mia associazione come se fosse politicamente vicina a sé e ne faceva una sorta di distorta sponsorizzazione di vicinanza politica”. Per la Procura non appaiono plausibili le giustificazioni reciprocamente fornite dagli indagati per spiegare la rottura dei rapporti, quelle di Lagonia che parla di un cambiamento,  di  un atteggiamento inaspettato da parte di Mungo e quelle dell’ex assessore allo Sport che riconduce la spaccatura alle dimissioni della figlia, istruttrice in piscina. Per Mungo si chiude definitivamente la vicenda giudiziaria con una condanna passata in giudicato.

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