Cellulari in carcere, i parlamentari FdI chiedono approfondimenti al presidente Morra

Wanda Ferro Province

“Approfondire gli aspetti dubbi relativi alle rivolte scoppiate negli istituti penitenziari lo scorso 9 marzo e alla disponibilità di telefoni cellulari per i detenuti”.

E’ quanto chiedono al presidente della Commissione Antimafia Nicola Morra i parlamentari di Fratelli d’Italia Wanda Ferro, Antonio Iannone e Luca Ciriani, che hanno segnalato «un’ulteriore criticità che sta emergendo, in maniera sempre più preoccupante, con particolare riferimento alle rivolte scoppiate negli istituti penitenziari lo scorso 9 marzo». Secondo Ferro, Iannone e Ciriani, «con l’esplosione delle prime violentissime sommosse nelle carceri, apparentemente motivate dalle forti limitazioni agli incontri con i familiari a causa delle norme di contenimento e dalla mancanza di sistemi di protezione a fronte del sovraffollamento, è serpeggiata sin da subito l’idea che ad alimentare le rivolte fosse stata la criminalità organizzata.

E’ quanto chiedono al presidente della Commissione Antimafia Nicola Morra i parlamentari di Fratelli d’Italia Wanda Ferro, Antonio Iannone e Luca Ciriani, che hanno segnalato «un’ulteriore criticità che sta emergendo, in maniera sempre più preoccupante, con particolare riferimento alle rivolte scoppiate negli istituti penitenziari lo scorso 9 marzo». Secondo Ferro, Iannone e Ciriani, «con l’esplosione delle prime violentissime sommosse nelle carceri, apparentemente motivate dalle forti limitazioni agli incontri con i familiari a causa delle norme di contenimento e dalla mancanza di sistemi di protezione a fronte del sovraffollamento, è serpeggiata sin da subito l’idea che ad alimentare le rivolte fosse stata la criminalità organizzata.

L’ipotesi di una regia occulta, avallata dalla contestualità delle rivolte su tutto il territorio nazionale, è staata avanzata anche dal procuratore Nicola Gratteri, secondo cui è necessario “schermare le carceri ai segnali telefonici. Non è un caso che le rivolte scoppino contemporaneamente a migliaia di chilometri di distanza. Questo avviene perché gli istituti penitenziari sono pieni di telefoni cellulari. Com’è possibile altrimenti che alle 10 del mattino scoppi una rivolta a Foggia e nello stesso tempo a Modena?”.

Uno snodo importante potrebbe venire dall’indagine in corso per accertare cosa sia successo nel carcere di Rebibbia, condotta dal capo della Procura di Roma, Michele Prestipino, secondo cui i capi della malavita romana avrebbero sfruttato la situazione per ottenere vantaggi, come, poi, effettivamente accaduto, con la scarcerazione di ben 376 mafiosi detenuti in regime di 41-bis.

L’input investigativo è arrivato con le informative del Nucleo investigativo centrale, reparto speciale della polizia penitenziaria che si occupa di criminalità organizzata, che, partendo dalla circostanza sospetta della presenza in tempo reale dei familiari dei detenuti davanti agli istituti di pena, come se qualcuno li avesse avvisati, ha cominciato a scavare tra le relazioni esterne dei 70 carcerati ribelli già identificati».

Secondo i parlamentari di Fratelli d’Italia, «nonostante le allarmanti dichiarazioni del magistrato calabrese e le indagini in corso, peraltro, si continuerebbero a fornire telefoni cellulari ai detenuti, che si aggiungono ai 1600 donati da TIM agli istituti penitenziari italiani, per consentirgli di poter parlare ed effettuare videochiamate con i familiari, senza possibilità di controllo alcuno sul contenuto delle conversazioni». Per questo Ferro, Iannone e Ciriani hanno chiesto un approfondimento della vicenda in Commissione, rinnovando la richiesta di acquisire le intercettazioni dei Gom della polizia penitenziaria, trasmesse alla procura antimafia e al Dap, con la reazione di importantissimi capimafia alla proposta di nomina dell’ex magistrato Di Matteo.

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