rinascita scott

“Così hanno ammazzato Soriano e Lo Giudice”, i racconti dei pentiti e gli ergastoli ad Accorinti e Razionale

La Corte d'assise di Catanzaro ricostruisce uno dei più efferati fatti di sangue commessi nel Vibonese dalla 'ndrangheta. Decisiva anche un'intercettazione

Fine pena mai. Due dei principali boss della ‘ndrangheta vibonese rischiano di marcire in carcere. Saverio Razionale, vertice del clan di San Gregorio d’Ippona, e Peppone Accorinti, capo dell’omonima cosca attiva a Zungri e nell’altopiano del Poro, sono stati condannati all’ergastolo nel filone del maxi processo “Rinascita Scott” riservato ad alcuni omicidi commessi tra la fine degli anni novanta e i primi del duemila e per questo celebratosi davanti alla Corte d’assise di Catanzaro che nelle scorse ore ha depositato le motivazioni di un’altra storica sentenza. Accorinti e Razionale sono stati condannati quali autori materiali del duplice omicidio di Roberto Soriano e Antonio Lo Giudice, commesso il 6 agosto del 1996. Attirati in un casolare di campagna con un tranello: torturato e massacrato uno; ucciso o strangolato l’altro.

Si tratta di uno dei delitti più cruenti mai commessi in provincia di Vibo Valentia. Il corpo di Roberto Soriano non è stato mai trovato mentre quello di Antonio Lo Giudice è stato rinvenuto carbonizzato. Alla base del fatto di sangue le contrapposizioni tra due diverse fazioni e la vendetta di Razionale, vittima di due diversi agguato ai quale era sfuggito. “Gli elementi emersi dall’istruttoria dibattimentale – scrivono i giudici – consentono di ritenere provata la penale responsabilità di Giuseppe Antonio Accorinti e Saverio Razionale”.

Si tratta di uno dei delitti più cruenti mai commessi in provincia di Vibo Valentia. Il corpo di Roberto Soriano non è stato mai trovato mentre quello di Antonio Lo Giudice è stato rinvenuto carbonizzato. Alla base del fatto di sangue le contrapposizioni tra due diverse fazioni e la vendetta di Razionale, vittima di due diversi agguato ai quale era sfuggito. “Gli elementi emersi dall’istruttoria dibattimentale – scrivono i giudici – consentono di ritenere provata la penale responsabilità di Giuseppe Antonio Accorinti e Saverio Razionale”.

Incastrati dai pentiti e da un’intercettazione

Ad incastrarli le dichiarazioni ritenute “convergenti” di due collaboratori di giustizia Angelino Servello e Andrea Mantella che hanno fatto emergere “il contesto in cui è maturato, la causale, i responsabili, le modalità esecutive, l’occasione che ha dato il via all’azione che si inserisce in una serie di azioni di sangue scaturite dai contrapposti interessi consolidatisi nel tempo tra due fazioni nell’ambito dei mutevoli equilibri nel panorama criminale del vibonese”. Sia Servello che Mantella hanno appreso i dettagli del duplice omicidio dagli stessi autori in tempi diversi e con narrati simili. Un terzo collaboratore di giustizia Emanuele Mancuso ha aggiunto un altro macabro particolare: Soriano sarebbe stato fatto sparire “macinato con la fresa di un trattore”. A confermare il dettaglio anche un’intercettazione captata dagli inquirenti a casa di Salvatore Ascone, attualmente imputato davanti alla Corte d’assise di Catanzaro nel processo per la scomparsa di Maria Chindamo. Quest’ultimo si lagna con il figlio delle dichiarazioni rilasciate da Mancuso confermando indirettamente quanto da lui raccontato sulla sparizione di Soriano. “Il dato – specifica la Corte – non è di poco momento, la risultanza della captazione non solo risulta profondamente coerente con il dichiarato del Mancuso, ma è prova diretta liberamente apprezzabile dal giudice. Non v’è dubbio che il contesto del dialogo captato consente di affermare che l’Ascone, in ragione del suo mole verticistico nel settore del narcotraffico vibonese, fosse pienamente a conoscenza della dinamica omicidiaria e dei suoi autori; dato avvalorato dalla narrazione puntuale e dettagliata nei minimi particolari fornita dal collaboratore di giustizia Mancuso Emanuele”.

Le dichiarazioni di Servello

Angelino Servello spiega che i Soriano per il loro modo di fare non erano ben visti da varie componenti delle famiglie di ‘ndrangheta ed anche da cittadini comuni. Con un tranello Giuseppe Accorinti avrebbe attirato Roberto Soriano nella sua masseria dove è giunto “con un altro suo amico di Piscopio”. A raccontare al collaboratore i particolari del duplice omicidio sarebbe stato proprio Razionale interessato a sapere da Soriano chi aveva attentato alla sua vita: “Razionale – racconta Servello – gli fa dire la verità su quello che è… Sull’episodio che gli era successo a Razionale, che gli hanno sparato e lì Roberto Soriano gli ha detto: ‘Senti un po ’ gli dice a Saverio ‘io lo so che sto per morire, ti ho sparato io, a casa ti ho sparato io, di Briatico non so niente, mi puoi ammazzare quando vuoi, tanto ormai sto per morire, ammazzami subito’. E lì, poi, mi ha raccontato il Razionale sempre che il nipote Gasparro Gregorio l’ha preso a botte d’ascia a coso lì, al Soriano Roberto e così lo hanno ammazzato sia a lui che all’altro ragazzo che era accanto. Questo è quello che mi ha raccontato Razionale a me”. Un omicidio commesso con modalità barbare secondo quanto affermato da Servello: “Con l’ascia ha spaccato il petto del Soriano, l’ha spaccato in due, l’ha spaccato, che gli ha tolto l’intestino all’interno”. Ad occuparsi poi della sparizione sarebbe stato Accorinti.

Il racconto di Mantella

Il narrato di Servello coincide con quello di Mantella che si sofferma sulla natura violenta del boss di Zungri: “Era soggetto di fama “ndranghetistica.. .un malavitoso, un killer praticamente che faceva parte del gruppo di fuoco di Peppe Mancuso, con l’alias ‘Mbroglia”. Secondo quanto riferito in pubblica udienza dallo stesso Mantella, Peppe Mancuso era geloso di Saverio Razionale: “Perché il Mancuso – spiega – vede il talento di Razionale, che era molto più furbo e più intelligente, e quindi nasce questa gelosia”. In altri termini Saverio Razionale – ha sostenuto Mantella – aveva rapporti stretti con Peppe Mancuso detto “Mbroglia” da fine anni ’70 fino agli anni ‘90, per cui la famiglia Mancuso sosteneva il gruppo criminale di San Gregorio di Ippona (Razionale-Fiarè) nella contrapposizione con il gruppo criminale dei Lo Bianco, ma negli anni ’90, segnatamente dopo l’attentato subito da Saverio Razionale, l’idillio è terminato. In questo contesto il boss di San Gregorio subisce due attentati: uno nella frazione di Mezzocasale e Zammarò, in pratica a casa sua; l’altro a Briatico dove gli sparano. In entrambi i casi si salva ma le conseguenze saranno tragiche per Roberto Soriano e Antonio Lo Giudice. La trappola per i due scatta nell’agosto del 1996. Mantella racconta come sono stati uccisi: “Roberto Soriano è stato preso, legato e preso con quella… io la chiamo carrucola, quella cosa che si alza nel mattatoio, il verricello, l’hanno messo là sopra e l’hanno tenuto per due o tre giorni in vita, perché confessasse chi avrebbe sparato a Saverio Razionale, sia a San Gregorio, a Mezzocasale Zammarò e sia a Briatico. Purtroppo il Soriano non ha confessato i primi giorni (…) è stato torturato, gli hanno… lo hanno mutilato con una tenaglia in uso alle vacche per tagliare le unghie delle vacche e questa tenaglia di queste vacche”. Antonio Lo Giudice invece era stato invitato ad andarsene ma non ha voluto abbandonare Soriano e per questo è stato ucciso. “Lo hanno freddato – racconta Mantella – con il sorriso sulle labbra”. Il suo corpo verrà ritrovato carbonizzato in un’auto. Quasi trenta anni dopo arrivano le condanne della Corte d’assise di Catanzaro. Ergastolo per Saverio Razionale e Peppone Accorinti. Una pena che si somma ai 30 anni di reclusione inflitta ai due boss nell’altro filone di Rinascita Scott, quello ordinario, celebrato dinnanzi al Tribunale collegiale di Vibo Valentia (LEGGI QUI).

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