Obbligo di green pass stride con la dignità del lavoro, l’affondo del presidente del COA di Catanzaro

Antonello Talerico "lavoratori obbligati a un trattamento sanitario sotto pena di un pregiudizio economico o del rischio di perdere lo stipendio"
revisione Green Pass

L’avvocato Antonello Talerico fornisce un’analisi giudica sulla certificazione verde. “L’obbligo di green pass, di recente introdotto, – secondo Talerico – collide fortemente con il sistema giuridico fondato sulla dignità del lavoro e dei lavoratori previsto dall’articolo 1 della Costituzione, sull’adempimento dei doveri di solidarietà politica, previsti dall’articolo 2, sull’obbligo della Repubblica di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale ritenuti limite alla libertà ed all’uguaglianza tra i cittadini previsto dall’articolo 3, sul riconoscimento al diritto al lavoro previsto dall’articolo 4, sulla riserva di legge per i trattamenti sanitari obbligatori, comunque limitati dal divieto di violazione del rispetto della persona umana prevista dall’articolo 32. Non vi è dubbio che l’obbligo del green pass, di fatto, contrasti con i citati principi fondamentali e sotto traccia obblighi i cittadini o, meglio ancora, i lavoratori, a sottoporsi a un trattamento sanitario sotto pena di un pregiudizio economico o del rischio di perdere lo stipendio il lavoro. La norma che ha introdotto il green pass, quindi, introduce nel nostro ordinamento, sia pure surrettiziamente l’obbligo vaccinale senza che una legge lo disponga. Vi è altresì eclatante un rischio per la riservatezza sanitaria che, però, nei giorni scorsi il Consiglio di Stato, sia pure incidentalmente, ha stroncato”.

Attività condizionate al green pass

Attività condizionate al green pass

“La III Sezione del Consiglio di Stato in sede cautelare, con l’ordinanza 17 settembre 2021, n. 5130, rigettando l’appello contro il provvedimento cautelare già emesso dal Tar, ha infatti ribadito la validità del Green Pass, soprattutto mettendo in luce l’assenza di rischi per la riservatezza sanitaria. Nonostante tale pronuncia interinale i profili di illegittimità, anche costituzionale, sussistono tutti. Essi innegabilmente attengono a un’evidente lesione del diritto di riservatezza sanitaria, con ciò entrando in contrasto con la Costituzione e con le norme europee in materia. Vi è comunque un manifesto rischio di discriminazione nello svolgimento di attività condizionate al possesso del Green pass; e comunque il pregiudizio economico discendente dalla necessità di sottoporsi ai tamponi. Per il Consiglio di Stato, invece, non ci sarebbe alcuna lesione al diritto alla riservatezza sanitaria degli interessati poiché quelli che si dichiarano: contrari alla somministrazione del vaccino, nel pieno esercizio dei loro diritti di libera autodeterminazione, non subiscono lesioni del diritto alla riservatezza sanitaria in ordine alla scelta compiuta, dal momento che l’attuale sistema di verifica del possesso del Green pass non sembra rendere conoscibili ai terzi il concreto presupposto dell’ottenuta certificazione (vaccinazione o attestazione della negatività al virus)”.”

Riservatezza sanitaria

“Solo fittiziamente questo è vero perché nel momento in cui il cittadino esibisce il green pass conseguito dopo il ciclo vaccinale completo, comunque, rende noto la propria condizione sottesa al rilascio. Sono le stesse le parole del Consiglio di Stato che, in ogni caso, certificano che, per eludere l’insussistenza di una lesione del diritto alla riservatezza, ci si dovrebbe sottoporre a tampone, con rilevante onere e pregiudizio economico del cittadino che intenda salvaguardare la propria sfera di riservatezza sanitaria. La supposta non lesione del il diritto alla riservatezza sanitaria, certamente e in ogni caso, non esclude che sia compiuto un trattamento di dati. O meglio un abuso nel trattamento dei dati sensibili. Abuso non superabile dalle osservazioni in punto del Consiglio di Stato secondo cui: “Il Green pass rientra in un ambito di misure, concordate e definite a livello europeo e dunque non eludibili, anche per ciò che attiene la loro decorrenza temporale, e che mirano a preservare la salute pubblica in ambito sovrannazionale per consentire la fruizione delle opportunità di spostamenti e viaggi in sicurezza riducendo i controlli”. Nessun dubbio che nella nostra Costituzione la salute sia tutelata non solo come diritto fondamentale del singolo ma altresì come interesse della collettività. Ciò consentendo l’imposizione di un trattamento sanitario se diretto “non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri”, come ha stabilito la Corte costituzionale nel 2018″.

Interessi contrapposti

“Nessun dubbio che il bilanciamento degli interessi contrapposti debba avvenire secondo il principio della ragionevolezza. Ma non si vede perché la fruizione delle opportunità di spostamenti e viaggi in sicurezza riducendo i controlli” debba prevalere tout court su un uso incontrollato e indiscriminato di dati sensibili. Residua, in ogni caso, un evidente rischio di discriminazione connesso all’utilizzo del Green pass avanzato. ll Green Pass sarebbe illegittimo all’articolo 1 della Convenzione ONU sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione (New York, 1965-aperta alla firma nel 1966-ratificata nel 1976), la quale afferma che costituisce discriminazione ogni comportamento che direttamente o indirettamente “comporti distinzione, esclusione, restrizione o preferenza basata sulla razza, il colore, l’ascendenza o l’origine etnica e che abbia lo scopo e l’effetto di distruggere o di compromettere il riconoscimento, il godimento o l’esercizio, in condizioni di parità, dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale e culturale e in ogni altro settore della vita pubblica”. Le restrizioni contenute nel Green Pass rientrano letteralmente nelle “esclusioni” che determinano gli effetti indicati come discriminatori nella definizione della Convenzione”.

“Inoltre, nella prassi giurisprudenziale, costituisce “discriminazione” ogni trattamento, considerazione e/o distinzione attuato nei confronti di un individuo o di una classe di individui sulla base dell’appartenenza a un particolare gruppo, classe o categoria sociale, che mira a provocare l’esclusione sociale dei soggetti vittime del comportamento discriminatorio fondato su una visione differenzialista del mondo. L’istituzione di un Green Pass per l’accesso a determinate attività, come detto, si pone in evidente contrasto con l’art. 2 della Costituzione, secondo il quale la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, nonché con l’art.3 della Costituzione che sancisce la pari dignità sociale dei cittadini e la loro eguaglianza di fronte alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali, imponendo alla Repubblica il compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Il Green Pass viola, inoltre, l’art.21 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE, titolato “Non discriminazione” ai punti 1 e 2 in cui è vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata sulle “convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura””.

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