Contrattopoli, i giudici: “Aiello ha concorso a portare l’Fc Catanzaro al fallimento”

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di Gabriella Passariello – “I calciatori hanno agito per interesse economico e non potevano avere interesse al fallimento, mentre Giuseppe Soluri, procuratore e socio conferente, si era limitato a sottoscrivere contratti di prestazione sportiva al pari del procuratore speciale Filippo Catalano. Inesistente il dolo rappresentato dallo scopo di recare pregiudizio ai creditori così come dimostrata la natura non simulata dei negozi giuridici”. Quanto a Bove non sono “ravvisabili condotte di natura distrattiva, attesa l’effettiva ricorrenza dei suoi conferimenti in società e l’impiego dei capitali oggetto di finanziamento comunque ai fini sociali”. I giudici del Tribunale collegiale di Catanzaro, presidente Alessandro Bravin, a latere Francesca Pizii e Maria Clausi, spiega in 27 pagine le motivazioni con cui il 17 luglio 2019 ha sentenziato ventuno assoluzioni e una condanna per 22 imputati, accusati di bancarotta fraudolenta coinvolti nel ciclone giudiziario “Contrattopoli” sui presunti illeciti commessi nella gestione dell’Fc Catanzaro, determinando il dissesto irreversibile della società calcistica.

La sentenza

La sentenza

Quel giorno è stato condannato solo l’ex dirigente della società Antonio Aiello a 2 anni di reclusione, con pena sospesa, due anni di interdizione dall’attività imprenditoriale e risarcimento spese alla curatela. Assolti invece perché il fatto non sussiste  il procuratore speciale Filippo Catalano,  l’amministratore unico Pasquale Bove, l’ex procuratore speciale Giuseppe Soluri, oggi presidente dell’Ordine dei giornalisti. Scagionati da tutte le accuse gli ex giocatori giallorossi Francesco Corapi, Ivano Ciano, Alessandro BrunoCiro De FrancoGiuseppe Benincasa, Antonio MontellaManolo MosciaroRoberto MancinelliAlessandro VonoDavide LodiRoberto Di MaioStefano Di CuonzoGiovan Giuseppe Di Meglio. Assolti, inoltre, l’ex mister Marcelo Josè Ferriera , noto come Ze Maria,  l’ex vice allenatore Vito Filippo Di PierroIzia Mabundu Ngadrira, Juan Josè Martinez e l’ex direttore sportivo Claudio Mpasinkatu Kemalandu, conosciuto come Malù, attuale opinionista.

Il crack finanziario e le accuse crollate

Alla luce del verdetto dei giudici, è crollato il castello accusatorio secondo  cui giocatori, staff tecnico, direttore sportivo e vertici “hanno cagionato con dolo e per effetto di operazioni dolose il fallimento della società” nella stagione calcistica 2010- 2011, quando le condizioni economiche e finanziarie della società del Catanzaro Calcio erano ormai al limite e le gare di campionato venivano svolte a porte chiuse per la mancata copertura economica dei vari servizi annessi all’organizzazione delle partite. Era il periodo in cui il collegio sindacale dei revisori dei conti  aveva invitato più volte l’organo amministrativo a non compiere nuove operazioni, considerato lo stato di scioglimento della società, che chiuse i battenti nel febbraio 2011. La scelta gestionale di Aiello e Soluri di stipulare  contratti ad agosto e a settembre, avrebbe determinato, sempre secondo le ipotesi accusatorie, un aggravio dei costi di esercizio di 75.595,00 euro a carico della società, che si è vista costretta a presentare istanza di fallimento poi accolta dal Tribunale di Catanzaro. Aiello avrebbe sottoscritto i contratti con Marcelo, Di Pierro e Malù, Soluri, quelli con Ze Maria e Josè. Nel mirino anche i contratti sottoscritti dagli ex calciatori giallorossi nella stagione 2009-2010 quando, secondo l’accusa, il Football Club era già in una situazione tale da farne presagire il fallimento, poi puntualmente avvenuto con formale dichiarazione del Tribunale.

Aiello, le operazioni dolose e il fallimento del Catanzaro Calcio

Per il Tribunale collegiale, Aiello, a maggio 2010 a fronte di una condizione di assoluta difficoltà economica, posto che la ricapitalizzazione sarebbe avvenuta solo a fine giugno e per l’intervento di un nuovo socio Tribuna Gianna, aveva operato una massiccia operazione di contrattualizzazione che oltre alla motivazione sportiva, aveva condotto ad un aumento esponenziale delle spese. Il monte stipendi pari a 80mila euro era schizzato alla cifra di oltre 300mila in una condizione finanziaria che avrebbe condotto la società ad accusare il 30 giugno 2010 un’esposizione debitoria pari a 1.807.506,64. L’amministratore aveva di fatto operato una “sorta di scommessa, guardando al risultato sportivo quale potenziale volano per la ripresa economica della società, che sarebbe derivata dai maggiori introiti della categoria superiore e soprattutto dalla plausibile maggiore appetibilità dell’asset per i nuovi soci finanziatori”. Il tutto in una condizione economica nella quale i calciatori non erano pagati da mesi e la società non aveva nemmeno introiti. Dunque se lo scopo di Aiello non era certo il fallimento della società, “c’è da dire che quelle operazioni contrattuali avevano determinato il definitivo sbilancio del sottile e già labile equilibrio sul quale si manteneva la precaria situazione finanziaria dell’ente”, che solo grazie alla massiccia ricapitalizzazione esterna di Tribuna Gianna aveva potuto far fronte ad una mole già assai corposa di debito: quel monte stipendi, che aveva determinato la sua ricaduta sin da subito sui bilanci non poteva essere onorato e la squadra aveva poi fallito l’obiettivo sportivo, perdendo la finale play off e la possibilità di attrarre nuovi acquirenti”. Per i giudici quei rinnovi contrattuali hanno integrato operazioni dolose per l’assetto economico dell’impresa e hanno concorso a condurre l’Fc al fallimento.

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