Il gatto entra tra le specie che possono fare da veicolo tra Covid e un essere umano, anche se, secondo gli esperti, il livello di rischio è molto basso. La scoperta arriva da un team scientifico thailandese. «Sapevamo da due anni che era una delle possibilità» ha, infatti, commentato sulla rivista Nature Angela Bosco-Lauth, una scienziata della Colorado State University. Quanto è stato appurato trasforma, così, in realtà uno dei timori dei proprietari di gatti: primo che questi animali domestici potessero ammalarsi e, a seguire, che fossero in grado di trasmettere il virus all’uomo.
Ma che i gatti potessero prendersi il Covid, senza sviluppare particolari problemi, è già emerso. Alcuni casi sospetti di passaggi all’essere umano sono già stati studiati negli allevamenti in Europa e in America di altri animali, come i visoni. In particolare i gatti si sono passati il virus Sars-Cov2 tra comunità feline già diverse volte. Perché? La causa è l’enorme presenza di gatti nelle case, sono animali di compagnia in tutto il mondo. Allo stesso tempo questo dato fa riflettere e non deve allarmare perché, nonostante l’elevato numero di felini nelle nostre casa, è evidente che la trasmissione del virus è da considerarsi un evento molto raro.
Ma che i gatti potessero prendersi il Covid, senza sviluppare particolari problemi, è già emerso. Alcuni casi sospetti di passaggi all’essere umano sono già stati studiati negli allevamenti in Europa e in America di altri animali, come i visoni. In particolare i gatti si sono passati il virus Sars-Cov2 tra comunità feline già diverse volte. Perché? La causa è l’enorme presenza di gatti nelle case, sono animali di compagnia in tutto il mondo. Allo stesso tempo questo dato fa riflettere e non deve allarmare perché, nonostante l’elevato numero di felini nelle nostre casa, è evidente che la trasmissione del virus è da considerarsi un evento molto raro.
Il caso studiato dal team thailandese ha evidenze molto solide: una famiglia che si è ammalata di Covid-19 ha portato il gatto dalla propria veterinaria. L’animale le ha starnutito in faccia e dopo tre giorni lo stesso medico ha sviluppato la malattia senza che nessuno del suo cerchio di familiari, amici e colleghi lo avesse. A questo punto sono scattati degli accertamenti. Poi, ulteriori analisi, hanno confermato che la donna aveva sviluppato la malattia con la stessa variante di virus risultata nel gatto.