Di Vincenzo Imperitura
La classica tempesta in un bicchiere d’acqua; lettere anonime, voci di paese che rimbalzano nelle stradine del borgo, persino trasmissioni televisive nazionali: tutti a parlare di un fantomatico cadavere di cui però, nel sottotetto della chiesa matrice di Placanica, per fortuna, non c’è traccia. Ci hanno dovuto pensare i carabinieri del Ris di Messina a fugare ogni dubbio su quella che da semplice leggenda di paese aveva ormai superato i confini mediatici della Locride. Gli specialisti dell’arma, coordinati dal pm di Locri Marzia Currao, dopo un esposto arrivato in Procura, hanno passato al setaccio la cappella in cui è custodita l’immagine della Madonna Addolorata – la stella cappella che era stata tirata in mezzo in una lettera anonima indirizzata a “chi l’ha visto” – senza rinvenire niente: né cassette che potessero contenere resti umani, né tantomeno tracce biologiche in grado di stabilire la presenza, almeno in passato, di materiale organico. Le voci del cadavere di un bambino nascosto in chiesa, che sotto traccia e a intervalli più o meno regolari erano già spuntate fuori nelle chiacchiere di paese, avevano assunto maggiore dignità un paio di anni addietro, quando in occasione del funerale a Bivongi di un vecchio muratore, le comari di quel paesino, avevano iniziato a fornire nuovi e più avvincenti dettagli alla vicenda.
La classica tempesta in un bicchiere d’acqua; lettere anonime, voci di paese che rimbalzano nelle stradine del borgo, persino trasmissioni televisive nazionali: tutti a parlare di un fantomatico cadavere di cui però, nel sottotetto della chiesa matrice di Placanica, per fortuna, non c’è traccia. Ci hanno dovuto pensare i carabinieri del Ris di Messina a fugare ogni dubbio su quella che da semplice leggenda di paese aveva ormai superato i confini mediatici della Locride. Gli specialisti dell’arma, coordinati dal pm di Locri Marzia Currao, dopo un esposto arrivato in Procura, hanno passato al setaccio la cappella in cui è custodita l’immagine della Madonna Addolorata – la stella cappella che era stata tirata in mezzo in una lettera anonima indirizzata a “chi l’ha visto” – senza rinvenire niente: né cassette che potessero contenere resti umani, né tantomeno tracce biologiche in grado di stabilire la presenza, almeno in passato, di materiale organico. Le voci del cadavere di un bambino nascosto in chiesa, che sotto traccia e a intervalli più o meno regolari erano già spuntate fuori nelle chiacchiere di paese, avevano assunto maggiore dignità un paio di anni addietro, quando in occasione del funerale a Bivongi di un vecchio muratore, le comari di quel paesino, avevano iniziato a fornire nuovi e più avvincenti dettagli alla vicenda.
E così il morto, che ovviamente in quanto tale non poteva più difendersi, era diventato nel sentire comune di questa storia dai tratti un po’ surreali, colui il quale, duranti alcuni lavori di consolidamento della chiesa negli anni ‘70, aveva visto e poi murato, i resti di un bambino all’interno del sottotetto della cappella. Le indagini effettuate dai tecnici dei carabinieri sembrano avere però tolto ogni dubbio sull’intera vicenda, ridimensionandola così a leggenda di paese. Almeno fino alla prossima chiacchiera da bar o alla prossima lettera anonima.
Redazione Calabria 7