I genitori non accettavano la sua omosessualità e lui, sentendosi “abbandonato”, ha cercato di farla finita, tentando il suicidio. A salvarlo due poliziotti. A distanza di giorni, un 28enne di Torino si affida alle pagine del ‘Corriere della Sera’ per raccontare una storia che ha dell’incredibile: “Sto male e nessuno mi aiuta. I miei genitori non mi vogliono. Se ne sono andati, dicono in vacanza, e ora sono qui da solo. Ai poliziotti avevano detto che mi volevano bene in ogni caso, ma non è vero: mi hanno minacciato di buttarmi fuori di casa, di cambiare le chiavi e di denunciarmi, non so neanche con quale accusa”.
“Meglio un figlio ‘ndranghetista o drogato che gay”
“Meglio un figlio ‘ndranghetista o drogato che gay”
“Tutto – ha raccontato il 28enne – è iniziato a settembre, quando ho detto a mia madre che ero omosessuale e lei mi ha risposto così: ‘Non ti voglio qui, nella mia vita, quando starai con un uomo’. E mio padre, che è un ex poliziotto, mi ha detto: ‘Preferirei avere un figlio ‘ndranghetista o drogato piuttosto che gay’. Loro volevano cacciarmi di casa, dicendomi che dovevo andare a vivere nello studio di arti grafiche in cui lavoro. Ma non è abitabile, non c’è la doccia, non c’è un letto”.
“Sono depresso, ho bisogno di aiuto”
“Ogni discussione finisce in lite, i miei sono entrambi cattolicissimi e mia madre è convinta che io sia posseduto. Lo ha scritto sul suo diario. Ora però non so come fare. Non sono minorenne, anziano o disabile, quindi nessuno mi aiuta. Non avrei neppure diritto al reddito di cittadinanza e quello sì, lo danno agli ‘ndranghetisti. Sono depresso, ho bisogno di aiuto e dopo aver incontrato lo psicologo in ospedale dieci giorni fa ho un altro appuntamento”.
“Un giorno ci metterò il nome e la faccia”
“Tutta la mia famiglia è sparita. Una mia cugina sta da anni con una ragazza, ma le famiglie hanno pessimi rapporti. Ho amici e amiche, ma la situazione non è semplice, non vorrei strumentalizzazioni. I poliziotti che mi hanno salvato sono stati premiati: sono contento per loro e li ringrazio, ma chi aiuta me? Solo una persona vicina al Comune si è fatta sentire, ci sarebbe la possibilità di un co-housing ma ancora non so. I miei mi hanno ripudiato, ora sto male ma un giorno ci metterò il nome e la faccia, perché penso a tanti altri ragazzi costretti a subire ciò che sto passando io”.