Il caso Pittelli sul tavolo del ministro Cartabia, interrogazione parlamentare di tre deputati

Pittelli aveva inviato all'ex procuratore generale della Corte d’appello di Catanzaro Lupacchini una lettera di denunce nei confronti di un magistrato
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I parlamentari Bruno Bossio, Magi e Giachetti hanno interrogato il ministro della Giustizia per ottenere chiarezza sul caso Pittelli (LEGGI QUI).  “Secondo quanto riportato da numerosi articoli di stampa, – scrivono i tre parlamentari – da ultimo quello di Tiziana Maiolo su Il Riformista del 5 febbraio 2022, Giancarlo Pittelli fu arrestato nella notte fra il 18 e il 19 dicembre 2019, sottoposto all’interrogatorio di garanzia senza che avesse contezza dei fatti, trasferito immediatamente nelle carceri di Badu e Carros in isolamento. Gli sarebbe stato negato per mesi un interrogatorio nonostante le ripetute richieste, e fu interrogato dai magistrati di Nuoro che non avevano conoscenza delle oltre 13.000 pagine di atti giudiziari. Tali circostanze sono state oggetto dell’interrogazione 4-06643 del 31 agosto 2020 del deputato Giachetti, cui ha risposto il ministro Bonafede il 21 aprile 2021, non trovando alcunché da eccepire e non ritenendo di dover approfondire una vicenda già all’epoca meritevole di attenzione”.

Pittelli, lo sciopero della fame e la fuga di notizie

Pittelli, lo sciopero della fame e la fuga di notizie

“Pittelli – ricordano Bruno Bossio, Magi e Giachetti – ha iniziato dallo scorso 12 gennaio uno sciopero della fame, cui è seguito un appello per chiederne la scarcerazione lanciato da suoi amici e compagni di scuola che ha già raggiunto 1500 firme (LEGGI QUI). Ai fatti riportati in quella interrogazione se ne aggiungono oggi altri che attengono alla grave e continua fuga di notizie riguardanti il caso, alla abnorme durata della carcerazione preventiva che il 19 febbraio 2022 raggiungerà i 26 mesi, nonché alla tutela di diritti dell’imputato e del detenuto. Quanto al primo punto, già nelle prime ore successive all’arresto, la stampa ne dava notizia con grande risalto facendo riferimento ad alcuni contenuti degli atti istruttori di cui la difesa e lo stesso Pittelli non avevano avuto il tempo materiale di essere a conoscenza; la Procura distrettuale, intanto, convocava una conferenza stampa, nel corso della quale l’avvocato Pittelli veniva definito come “l’anello di congiunzione tra il mondo di sopra ed il mondo di sotto””.

La revoca degli arresti domiciliari

“Il procuratore generale presso la Corte d’appello di Catanzaro, Otello Lupacchini, dichiarava al TgCom24 il 23 dicembre 2019 di essere venuto a conoscenza dell’inchiesta e dei suoi contenuti solo dalla stampa. Nei mesi successivi, – denunciano i tre parlamentari – sono stati costantemente diffusi contenuti degli atti istruttori, peraltro irrilevanti ai fini processuali e riguardanti la vita privata dell’imputato. Quanto alla durata della carcerazione cautelare, si osserva che essa è proseguita nonostante già il 9 gennaio 2020 il Tribunale della libertà di Catanzaro avesse derubricato il reato di “partecipazione ad associazione mafiosa” a quello di “concorso esterno” e il 25 giugno 2020 la Corte di Cassazione avesse escluso l’aggravante mafiosa per il reato di rivelazione di segreti d’ufficio. Nonostante tali pronunce, per 10 mesi, fino al 19 ottobre 2020, Pittelli è stato trattenuto in custodia cautelare presso la sezione Alta Sicurezza della Casa circondariale di Nuoro sottoposto al regime previsto dall’art. 41-bis, e successivamente posto agli arresti domiciliari con braccialetto elettronico. Riguardo ai profili che attengono il rispetto dei diritti dell’imputato, a Pittelli, solo per aver scritto una lettera piena di sconforto all’amica ministra Mara Carfagna il 7 dicembre 2021, sono stati revocati gli arresti domiciliari ed è stato disposto il trasferimento alla sezione di Alta Sicurezza della casa circondariale di Melfi dove tuttora è ristretto”.

Le anomalie denunciate da Pittelli e la lettera a Lupacchini

“Tra le anomale circostanze dell’istruttoria ricordate nella lettera, l’imputato ricordava che, tra le intercettazioni diffuse, ve ne fosse una parzialmente riportata nell’ordinanza di arresto: si tratta della conversazione n. 9873, RIT 350/16 del 12 febbraio 2017, intercorsa tra un accusato di appartenere a una cosca mafiosa e la moglie: – Lei “qui abita Pittelli?” – Lui “sì” – Lei “ma è mafioso”; la lettura integrale dell’intercettazione rivela che l’espressione “ma è mafioso” è in realtà una domanda alla quale il marito risponde: “No, avvocato”. Tale fatto, insieme ad altri, documentati anche dalla stampa, destano preoccupazione circa l’integrità stessa degli atti processuali. In una captazione l’avvocato Pittelli, parlando della deposizione del pentito Andrea Mantella, affermerebbe: “Non ho i verbali, ancora”, con il chiaro senso che non appena li avesse avuti ne avrebbe comunicato il contenuto all’interlocutore, il suo assistito Luigi Mancuso, capo della ‘ndrangheta. A seguito di una perizia fatta disporre dai difensori, è stato verificato che nella trascrizione “ancora” non c’è, ma è frutto di un’integrazione da parte degli inquirenti, volta ad alterare il significato della frase. Il dottor Otello Lupacchini, già Procuratore generale presso la Corte d’appello di Catanzaro, ha rivelato di aver ricevuto nel gennaio 2020 una lettera da Pittelli che conteneva denunce circostanziate nei confronti di un magistrato di Catanzaro e di aver trasmesso tale documento alla Procura della Repubblica di Salerno. All’esposto non ha fatto seguito né l’avvio di indagini nei confronti del magistrato accusato, né un eventuale procedimento per calunnia nei confronti dello stesso Pittelli. Gli elementi riportati potrebbero configurare una violazione dei diritti di difesa e una grave distorsione dei principi del giusto processo e della presunzione di non colpevolezza. Si chiede se non ritenga che i fatti in premessa, qualora confermati, – concludono i parlamentari – siano meritevoli di un accurato approfondimento tramite un’ispezione presso gli uffici giudiziari di Catanzaro coinvolti”.

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