di Danilo Colacino – Una splendida, ennesima, rilettura dell’Antigone di Sofocle, quella offerta ieri sera dal Teatro di Calabria Aroldo Tieri. Una messinscena che ha anche segnato l’atteso ritorno della compagnia nella sua ‘sede naturale’ del San Giovanni. Un chiostro, o Complesso Monumentale, che ha accolto ben 150 spettatori, tanti quanti è possibile ospitarne in base alle norme vigenti all’interno della struttura.
Un pubblico – per consuetudine del TdC delle ‘grandi occasioni’ – che poco dopo le 21 ha assistito all’arrivo sul palco dal ballatoio sovrastante della protagonista Antigone (Mariarita Albanese), ma anche di Nunzio (Salvatore Venuto). Straordinari i costumi, come sempre del resto, e bellissima la musica che ha introdotto la rappresentazione. Riguardo all’ottima fattura delle vesti indossate dai vari personaggi (realizzate ancora una volta da Aldo Conforto, impegnato pure nel ruolo dell’indovino cieco Tiresia, accompagnato dalla fanciulla, la giovane Clizia Argirò) c’è tuttavia poco o nulla da aggiungere, ormai.
Vale invece la pena di dedicare una menzione speciale alla bravura dei talentuosi attori oltre ai già citati: il re di Tebe Creonte (Paolo Formoso), suo figlio Emone ‘promesso sposo’ di Antigone (Andrea Bunty Giudice) e le componenti del Coro (Marta Parise, Alessandra Macchioni, Anna Maria Corea e Antonella Rotella).
La rappresentazione. Poche parole per la ‘storia originale’, peraltro nota agli appassionati di studi classici, in cui a essere causa di sventure, lutti e profonda sofferenza, è la tracotanza di Creonte. Un monarca che provoca di fatto la morte della bella Antigone (la quale si suicida mentre sconta la carcerazione impostale dallo stesso sovrano per aver trasgredito all’ordine di non dare degna sepoltura al fratello Polinice, perito nella lotta affrontata proprio per la conquista del trono di Tebe).
Ribadiamo, viceversa, come al centro della nostra attenzione ci sia l’impareggiabile modo di rappresentare tragedie, commedie e ogni altro genere teatrale, del TdC. E già, perché gli interpreti del Tieri che si cimentano nella recitazione sono tutti – ognuno a modo suo – primi attori. È il motivo per cui la gente rimane incollata alle sedie, con espressione rapita, fino all’ultimo minuto dello spettacolo. L’inconfutabile riprova del valore delle produzioni della compagnia diretta da Luigi La Rosa, degna dei più grandi palcoscenici malgrado le cosiddette autorità ne disertino le eccellenti esibizioni.