Le mani della ‘ndrangheta nel settore del porfido in Trentino, chiesti 15 rinvii a giudizio

La richiesta vede coinvolti a vario titolo ex esponenti politici, imprenditori e carabinieri indagati nell'indagine 'Perfido'

La Procura della Repubblica di Trento ha chiesto il rinvio a giudizio per 15 dei 17 indagati nel secondo filone scaturito dall’indagine ‘Perfido’, sull’infiltrazioni dell’Ndrangheta nel settore del porfido in Trentino.
La richiesta, che vede coinvolti a vario titolo ex esponenti politici, imprenditori e carabinieri, risale al novembre dello scorso anno, ma è trapelata solo nei giorni scorsi.
Lo riporta la stampa locale. La richiesta è firmata dal procuratore distrettuale Sandro Raimondi e dai sostituti Maria Colpani e Davide Ognibene.

Gli indagati

Gli indagati

Nell’atto, l’accusa di associazione mafiosa è contestata a Alessia Nalin, Filippo Gioia e Vittorio Giordano, che secondo la Procura avrebbero contribuito a costituire un nucleo locale legato alla cosca dei Serraino, sfruttando i lavoratori del porfido. L’accusa di scambio elettorale politico mafioso per fatti risalenti al 2018 è invece contestata a Domenico Morello (condannato in secondo grado a dieci anni per associazione mafiosa), all’ex sindaco di Frassilongo Bruno Groff, all’ex parlamentare Mauro Ottobre e all’ex sindaco di Zona Lases Roberto Dalmonego.
Pietro Denise e Saverio Arfuso, già condannati, sono coinvolti nel secondo filone per detenzioni di armi e munizioni, mentre Mustafà Arafat e Francesco Favara dovranno rispondere per aver messo in circolazione banconote false.
Infine, in relazione al pestaggio dell’operaio cinese Hu Xupai, dovranno rispondere di omissione di soccorso, omessa denuncia e favoreggiamento i carabinieri Roberto D’Andrea, Nunzio Cipolla e Alfonso Fabrizio Amato. Al militare Luigi Sperini è invece contestato il reato di rivelazioni di atti d’ufficio. (Ansa)

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