‘Ndrangheta catanzarese in Lombardia, citato lo zio del calciatore Gattuso

Damiano Gattuso non è indagato, ma stando al racconto di una vittima sarebbe stato lui a metterlo in contatto con uno degli arrestati

Viene citato anche il nome di Damiano Gattuso “zio del calciatore” ossia di Gennaro ex centrocampista del Milan e della Nazionale e allenatore del Valencia, nell’ordinanza del gip di Milano su un blitz della Squadra mobile su un giro di usura ed estorsioni legato a clan della ‘ndrangheta. Nel provvedimento, tuttavia, il parente dell’ex rossonero non risulta indagato. Si fa riferimento a Damiano Gattuso, “zio del calciatore”, in una pagina del memoriale di una delle vittime dell’attività di strozzinaggio, perché, stando al racconto di quest’ultima, sarebbe stato Damiano Gattuso a metterlo “in contatto” con Orlando Demasi, affiliato alla mafia calabrese (per lui la custodia in carcere).

“A noi non interessa chi è tuo nipote!”

“A noi non interessa chi è tuo nipote!”

La vittima ha parlato di un “incontro presso un bar a Gallarate”, provincia di Varese, a cui erano presenti lui, Damiano Gattuso e Demasi. Demasi gli avrebbe chiesto “di quanti soldi avessi bisogno e io gli dico 10mila euro, a tutta risposta lui mi dice – ha spiegato la vittima – ti costano il 40% (…) alla fine della discussione ci accordiamo per il 25% al mese”. Demasi a quel punto avrebbe detto a Damiano Gattuso: “Guarda che ne rispondi tu! Di questi soldi se lui non paga prima scanniamo a lui e poi veniamo da te! E a noi non interessa chi è tuo nipote!”. “Dopo una decina di giorni – ha raccontato ancora la vittima – mi chiama Damiano perché è stato contattato da Orlando Demasi per darmi i primi 10mila euro, io a mia volta consegno un assegno a garanzia dietro la preoccupazione di Damiano. Dopo un mese alla scadenza, io restituisco i soldi ad Orlando (…) e Damiano fa un sospiro di sollievo e io lo ringrazio di tutto”.

“Io vendo soldi”

Dopo un mese Demasi sarebbe tornato nel capannone dell’imprenditore vittima del presunto strozzinaggio, tra l’altro arrestato 3 anni fa in un’inchiesta su un traffico illecito di rifiuti. “Con naturalezza ma quasi sottovoce – ha spiegato – mi dice “io vendo soldi” e tu ne hai bisogno, se tu mi sarai fedele, ti darò modo di non avere più bisogno di soldi, l’importante è “non sgarrare””. L’inchiesta del pm Francesco De Tommasi della Dda milanese e’ nata proprio dalle dichiarazioni dell’imprenditore dopo il suo arresto. Dall’indagine, scrive il gip Fiammetta Modica, è emersa la figura di Demasi, che ha la “dote” della “camorra” nel clan e che «vendeva denaro e, tramite un giro di società allo stesso sostanzialmente riconducibili e l’emissione di fatture per operazioni inesistenti, forniva una copertura ad ingenti movimenti di soldi, funzionali a plurimi scopi suoi e dei suoi “clienti””. È venuto a galla “un sistema solido di “cartiere” intestate a prestanome, quasi sempre coincidenti con i cosiddetti “monetizzatori” e intestatari di conti correnti anche on line» pure presso una «banca tedesca». Tra gli arrestati (ai domiciliari) Umberto Zivieri, titolare di una delle società riconducibili a Demasi. In carcere sono finiti anche Sebastiano Forte, amministratore di fatto di società con Demasi, e Sebastiano D’Asta, titolare di un’altra società. (Ansa)

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