di Bruno Mirante – A quattordici anni di distanza dal pronunciamento della Soprintendenza regionale ai beni culturali che nel 2006 ha dichiarato, con un decreto di tutela, l’intera area di Villa Pangea (ex Ghiacciaia) a Catanzaro zona di interesse storico-culturale, il Tar della Calabria ha condannato il Comune di Catanzaro a risarcire il danno da responsabilità precontrattuale discendente dalla mancata realizzazione del progetto di riqualificazione di Villa Pangea (con annesso parcheggio multipiano) in favore delle ditte aggiudicatarie dell’appalto. Il vincolo posto sui manufatti, sull’acquedotto del “villino” e sui suoi sotterranei annullava, di fatto, il progetto del 2004 di trasformare l’area in un parcheggio sotterraneo, come era invece nelle intenzioni di alcuni amministratori della città e che ha trovato una forte opposizione da parte del comitato di quartiere, singoli cittadini, associazioni culturali. Una battaglia civile e politica che ha portato al riconoscimento dell’alta valenza paesaggistica e di archeologia industriale di un’area che, in caso di eventi emergenziali, è chiamata anche a svolgere la funzione di via di fuga accessibile agli studenti dei diversi istituti scolastici che insistono nella zona. Un battaglia che anche davanti alla giustizia amministrativa si protrae dal 2009 e che ha visto il Comune soccombere nei precedenti gradi di giudizio.
Il Tar ha indicato i criteri per la determinazione della somma che il Comune avrebbe dovuto offrire alle ricorrenti a ristoro del danno, includendovi: le spese sostenute per la partecipazione alla procedura di aggiudicazione, limitatamente all’adempimento di prescrizioni specificamente richieste dagli atti di gara e non anche esborsi per attività autonomamente svolte; le spese di progettazione contemplate nell’avviso pubblico e quelle successivamente poste in essere in ottemperanza di specifiche indicazioni contenute negli atti di gara o documentate richieste formulate dall’amministrazione appaltante; la maggiorazione per rivalutazione monetaria e interessi.
Il Tar ha indicato i criteri per la determinazione della somma che il Comune avrebbe dovuto offrire alle ricorrenti a ristoro del danno, includendovi: le spese sostenute per la partecipazione alla procedura di aggiudicazione, limitatamente all’adempimento di prescrizioni specificamente richieste dagli atti di gara e non anche esborsi per attività autonomamente svolte; le spese di progettazione contemplate nell’avviso pubblico e quelle successivamente poste in essere in ottemperanza di specifiche indicazioni contenute negli atti di gara o documentate richieste formulate dall’amministrazione appaltante; la maggiorazione per rivalutazione monetaria e interessi.
I giudici hanno rilevato, infatti, che non risulta che sia stato raggiunto un accordo sulla determinazione della somma dovuta tra Palazzo De Nobili e le ditte Caruso Costruzioni s.p.a. e Costruzioni s.r.l. Queste ultime, infatti, hanno presentato ricorso limitatamente alla pretesa di rimborso delle sole spese certe, versate da ciascuna società a tre professionisti per l’attività progettuale inerente la gara: un ammontare totale di 21.420 per ciascuna società e complessivamente di euro 42.840. “Considerato – si legge nel dispositivo – che l’ammontare complessivo non si discosta considerevolmente dalla somma, pari a 40.000 euro, a suo tempo offerta dal Comune con nota prot. n. 78716 del 18 ottobre 2013, per la quale non si è però addivenuti ad accordo transattivo” e “rilevato che le somme dovute vanno rivalutate e maggiorate di interessi”, il Tar ha accolto il ricorso, determinando le somme dovute dal Comune di Catanzaro: a Caruso Costruzioni s.p.a., euro 21.420,00 oltre rivalutazione e interessi dalle singole fatture alla data del 30 aprile 2020 e, dunque, per un totale di euro 30.929,00; a Costruzioni s.r.l. euro 21.420,00 oltre rivalutazione e interessi dalle singole fatture alla data del 30 aprile 2020 e, dunque, per un totale di euro 30.570,32.