Pranzi e cene al centro commerciale e casa presa “in nero” a Genova, la vita “segreta” di Pasquale Bonavota

L'ormai ex latitante viveva in una casa del quartiere San Teodoro. Non ha mai lavorato e andava avanti con i soldi delle cosche
bonavota

Una camera da letto, un salotto, la cucina e un bagno. Tutto ciò che serviva per vivere la quotidianità. Viveva in un appartamento del quartiere San Teodoro di Genova Pasquale Bonavota, il boss di Sant’Onofrio, nel Vibonese, arrestato mercoledì mattina mentre pregava nella cattedrale di San Lorenzo, nel capoluogo ligure. L’ormai ex latitante aveva preso la casa in nero, perché pagando qualche centinaia di euro in più al mese – 700, a fronte di un valore di mercato di 500 – era riuscito a convincere i titolari a non sottoscrivere alcun contratto. Una scelta, questa, che potrebbe costare cara alla coppia di anziani, i quali sono stati prelevati dai carabinieri e sottoposti a un lungo interrogatorio. Rischiano di essere accusati di favoreggiamento.

Entrambi, però, respingono le accuse: “Avevamo messo un’inserzione su internet – è stata la loro giustificazione, riporta dal ‘Secolo XIX’ – in cui proponevamo il nostro appartamento in affitto. Lui ci ha contatto dicendo che era interessato. Ci è sembrato una persona perbene e affidabile. Però il nominativo che ci ha dato era probabilmente falso”. La coppia spiega, inoltre, che sarebbe stato lo stesso Bonavota a chiedere “di non procedere alla registrazione del contratto. Noi non ci abbiamo visto nulla di male. Pagava regolarmente e sempre puntuale”. Per questo motivo, i titolari dell’appartamento rischiano anche di essere accusati di una serie di reati fiscali.

Entrambi, però, respingono le accuse: “Avevamo messo un’inserzione su internet – è stata la loro giustificazione, riporta dal ‘Secolo XIX’ – in cui proponevamo il nostro appartamento in affitto. Lui ci ha contatto dicendo che era interessato. Ci è sembrato una persona perbene e affidabile. Però il nominativo che ci ha dato era probabilmente falso”. La coppia spiega, inoltre, che sarebbe stato lo stesso Bonavota a chiedere “di non procedere alla registrazione del contratto. Noi non ci abbiamo visto nulla di male. Pagava regolarmente e sempre puntuale”. Per questo motivo, i titolari dell’appartamento rischiano anche di essere accusati di una serie di reati fiscali.

La quotidianità del boss

Dall’analisi del materiale sequestrato dai carabinieri nel covo del boss – riporta sempre il ‘Secolo XIX’ – è stato possibile ricostruire la vita quotidiana di Bonavota durante la latitanza a Genova: non ha mai lavorato ed è andato avanti con i soldi delle cosche. In un cassetto della cucina, i militari hanno inoltre trovato un paio di abbonamenti di Amt intestati a un falso nome. Non è finita qui, perché in alcuni cassetti i carabinieri hanno trovato diversi scontrini e ricevute di acquisto di capi di abbigliamento, oggetti hi-tech, pranzi e cene fatte al centro commerciale della Fiumara a Sampierdarena, dove l’ormai ex latitante ci andava spesso. Bonavota frequentava spesso questa zona, nella quale vive anche la moglie, insegnante in una scuola del quartiere. I carabinieri le hanno perquisito l’abitazione, ma la donna ha negato ogni tipo di frequentazione con il marito. Le sue dichiarazioni sono al vaglio degli inquirenti.

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