(D.C.) – Tre minuti per approvarla e un’ora e mezza per ritirarla.
In…mezzo una ridda di parole, scuse assortite, distinguo di posizioni, giustificazioni tra l’improbabile e l’imbarazzante, polemiche, fughe in avanti, repentine marce indietro e chi più ne ha ne metta.
In…mezzo una ridda di parole, scuse assortite, distinguo di posizioni, giustificazioni tra l’improbabile e l’imbarazzante, polemiche, fughe in avanti, repentine marce indietro e chi più ne ha ne metta.
Ecco cos’ha partorito la legge sull’estensione dei vitalizi ai consiglieri regionali, eletti lo scorso 26 gennaio, eventualmente dichiarati decaduti a cui, in virtù del testo della norma, veniva concessa la facoltà di continuare a versare i contributi su base volontaria (dopo l’interruzione del mandato per le più disparate ragioni) in modo da percepire (al compimento del 65. anno d’età) la pensione.
Una roba che, di questi tempi grami di crisi nera anche e soprattutto acuita dal Covid, suonava più come uno sberleffo rispetto a una semplice furbata o privilegio pro Casta.
Una classe dirigente, quest’ultima, alle cui velleità di aggiudicarsi l’ennesimo ambitissimo ‘premio’, almeno per adesso, si è dato un ineludibile colpo di spugna.
“Tutto è bene quel che finisce bene”, allora?
Non esattamente, per la verità.
Anzi, nient’affatto.
E il perché, sempre a nostro avviso, è presto detto.
A cominciare dalla motivazione con cui la norma è stata ‘espunta’ dal novero delle delibere votate favorevolmente: “Un vizio formale“.
Particolare non da poco e che lascia aperta una porticina alla riproposizione in Aula, pur in forme diverse, di una norma analoga.
E già, perché in passato non sono mancati diversi tentativi di natura simile in materia previdenziale, relativamente ai componenti dell’assemblea di Palazzo Campanella.
Ecco allora come, sulla scorta del vecchio adagio, “tanto tuonò che piovve” chissà non si arrivi alla riproposizione di un testo sul tema, magari con contenuti un po’ meno ‘sfacciati’, e in particolare in una fase leggermente meno tribolata. Un’illazione?
Speriamo.
Come di sovente, tuttavia, rispolveriamo l’arcinoto monito andreottiano: “A pensar male del prossimo si fa peccato, ma spesso ci si indovina”.