San Vitaliano a Catanzaro, l’omelia di Bertolone: “La storia della sua rinascita ci sia di monito”

"Celebrare il Santo Patrono significa metterci tutti in ascolto del suo insegnamento per scoprire che cosa ha da dirci oggi"

“Sorelle e fratelli carissimi, siamo qui riuniti per onorare il Santo Patrono, San Vitaliano. Oggi  la Chiesa fa  pure memoria della Beata Maria Vergine del Carmelo: con fiducia invochiamo la Madre di misericordia, perché interceda per noi che la veneriamo e la preghiamo come Madonna del Carmine!  Saluto il signor Sindaco, saluto le Autorità civili e militari per la loro presenza e insieme a loro tutti i cresimandi e le cresimande. Nel giorno della festa solenne del nostro santo Patrono, Vitaliano, la nostra Chiesa particolare sarà irradiata dalla rugiada dello Spirito Santo, che scende su questi nostri cresimati e, attraverso di loro, su tutta la comunità diocesana. Celebrare il Santo Patrono significa metterci tutti in ascolto del suo insegnamento e del suo esempio per scoprire che cosa ha da dire San Vitaliano a noi oggi”. Con queste parole il vescovo di Catanzaro, Vincenzo Bertolone, ha aperto la sua omelia nel giorno del santo patrono della città

La vita del santo

La vita del santo

“Le notizie storiche sulla vita di Vitaliano – ha detto Bertolone – ci presentano episodi dai quali ricaviamo che anche la sua storia pone – ci pone come suoi devoti – un problema di fratellanza: acclamato vescovo dal popolo di Capua contro la sua volontà, in seguito diviene oggetto di calunnie e di volgari insinuazioni da parte dei suoi nemici, che in ogni circostanza non mancano mai, proprio tra i fratelli e sorelle di fede, i quali non si sa come, lo fecero apparire in pubblico vestito da abiti femminili, onde accusarlo di impudicizia. Seppur scampato ai lacci, Vitaliano fu comunque catturato, legato in un sacco di cuoio e gettato nel fiume Garigliano, anche se la protezione divina lo salvò dalla morte e lo fece approdare incolume sulla costa ad Ostia: come il Giuseppe d’Egitto, era stato sottoposto a un processo di eliminazione, pur di toglierselo di torno, ancor oggi, nei nostri ambienti moderni e tecnologici, assistiamo a forme di aggressività sociale senza pudore. Esse calpestano in radice il concetto di umanità e di  fraternità:  come si legge in Fratelli tutti n.44: «Proprio mentre difendono il proprio isolamento consumistico e comodo, le persone scelgono di legarsi in maniera costante e ossessiva. Questo favorisce il pullulare di forme insolite di aggressività, di insulti, maltrattamenti, offese, sferzate verbali fino a demolire la figura dell’altro, con un eccesso che non potrebbe esistere nel contatto corpo a corpo perché finiremmo per distruggerci tutti a vicenda. L’aggressività sociale trova nei dispositivi mobili e nei computer uno spazio di diffusione senza uguali”.

Riscoprire il senso di fratellanza

“Catanzaro – ha aggiunto il vescovo –  sta uscendo con difficoltà dall’emergenza coronavirus che, per intercessione dell’Immacolata – subito da noi implorata perché preservasse la Città come fece durante la peste del XVII secolo – e del nostro Santo Patrono, ci sta consentendo una progressiva ri-partenza, anche dal punto di vista delle manifestazioni religiose. Dobbiamo riscoprire il senso di sorellanza e fraternità proprio in questa ripartenza, che potrebbe essere occasione di scivolamento nell’inimicizia, nei contrasti. L’emergenza ha creato tante nuove fasce di povertà, aggravando la crisi della città che da anni ha un difficile quadro sociale ed economico facendole perdere la sua antica identità di centro vitale animata da tante intelligenze di una borghesia illuminata e di un ceto artigiano e produttivo di grande vivacità urbana. Catanzaro sta vivendo, come ogni altro centro tradizionale, una delicata fase di transizione, aggravata dalla mancata “ricucitura” tra le sue diverse anime: il centro storico sempre più svuotato di abitanti e di occasioni di impresa; un quartiere marinaro che sta perdendo la sfida dello sviluppo turistico, la periferia sempre più slegata dal centro, il sud alle prese con forti fenomeni di degrado sociale e di malvivenza organizzata. Che cosa dire di fronte ad un quadro così complesso e problematico, se non riproporsi il tema della fratellanza e degli attentati a essa, come abbiamo visto nella storia di Giuseppe e di Vitaliano? Quello che oggi mi sento di suggerire, è un “grande progetto” di sviluppo della Città, la riscoperta di una identità perduta, un grande processo di ri-aggregazione delle migliori risorse della Città per costruire un progetto di rinascita su obiettivi strategici di rigenerazione urbana. È questo sono in grado di farlo soltanto coloro che si sentono sorelle e fratelli tutti: non nemici con una lotta politica e non che non costruisce, ma demolisce. Le forze migliori della città, superino le attuali divisioni e le differenze politiche che rischiano di far degradare definitivamente le condizioni della Città, di uscire dall’isolamento e dalla diffidenza verso il bene pubblico per porsi al servizio di un progetto di sviluppo condiviso”.

Il tempo della ricostruzione

Che cosa ha da dire San Vitaliano a noi oggi ? La nostra città ne sperimentò più volte la protezione in occasione di terremoti e, nel 1922 celebrò con solennità il settimo centenario dell’arrivo delle reliquie. Nell’anno centenario 2021, il 28 dicembre a Dio piacendo ricorderemo tale avvenimento ed  il ricordo delle reliquie segni l’inizio di un nuovo rinascimento per la nostra città e il nostro territorio diocesano. Papa Callisto II,  donando le reliquie di San Vitaliano, ci ha consegnato il “mandato” del suo ricordo e del suo culto. Che cosa sono per noi le tue reliquie, se non un invito a ricordare? Se siamo quello che ricordiamo, per Gabriel Garcia Marquez la vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda per raccontarla. Il ricordo è una componente fondamentale dell’esistenza non solo individuale, ma anche di un popolo. Il nostro presente è “eccezionale” e nessuno dei nostri vecchi ne ricorda uno analogo e le tue sacre reliquie stanno lì a ricordare a tutti il valore della memoria. Il compito di un Vescovo “muto”, è ammonire e “sorvegliare” gli eventi, a tracciare bilanci e confronti con le situazioni analoghe del passato, al fine di prefigurare gli scenari futuri.  Questo è il tempo della costruzione del futuro e della “ricucitura” tra le diverse anime della città. La storia di Vitaliano, che rinasce dopo i tentativi di eliminazione, ci sia di monito e di sprone. Amen”.

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