di Bruno Mirante – Sistemi informatici sofisticati al punto da sfuggire ai tentativi “canonici” di intercettazione da parte delle autorità italiane e internazionali. Talmente “sicuri” da spingere gli indagati a comunicare in chiaro, senza filtri o parole in codice, per organizzare il traffico internazionale di cocaina dal Sud America fino alle piazze calabresi, laziali, toscane. Sono solo alcuni dei particolari dell’inchiesta “Molo 13” coordinata dalla Dda di Catanzaro che questa mattina ha portato all’arresto di 23 persone tra la Calabria e la Toscana. Diramazioni internazionali del narcotraffico che si spingevano fino all’Oceania ma la “mente” rimaneva ben salda a Guardavalle, versante jonico catanzarese, e a gestire l’imponente giro d’affari c’erano – secondo le indagini delegate alla Guardia di finanza – i Gallace di Guardavalle.
“Gallace famiglia di ‘ndrangheta di Serie A”
“Gallace famiglia di ‘ndrangheta di Serie A”
“È un’indagine di respiro internazionale, che tocca quattro stati e parte dalla Colombia. Il Costarica, non è solo il paese con la più grande biodiversità del mondo ma è anche la porta della droga verso l’Europa. Questa volta in Costarica, dove mi sono recato pochi giorni dopo il mio insediamento alla Procura di Catanzaro, abbiamo scoperto un server di intercettazioni telefoniche, che usciva fuori dai canoni ufficiali perché non apparteneva a nessuno stato e a nessuna società, bensì era abusivo e usato da organizzazioni criminali in particolare i trafficanti di cocaina”. Così il procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri nel corso della conferenza stampa che si è svolta nella sede del Comando della Guardia di finanza a Catanzaro. “Questo server – ha spiegato il procuratore – impediva intromissioni esterne ma siamo riusciti a “bucarlo” e a cogliere le conversazioni fra trafficanti in chiaro, non criptate. Questo consente di attestare, ancora una volta – ha rimarcato Gratteri – la credibilità della polizia giudiziaria italiana all’estero, perfezionata da diverse operazioni. Abbiamo molto materiale probatorio – ha aggiunto – su una famiglia di ‘ndrangheta di serie A, i Gallace, che opera anche nel Reggino. Il dato significativo, che testimonia il salto di qualità, è essere entrata in un circuito di elìte del narcotraffico”.
Durante l’incontro con i giornalisti è intervenuto anche generale dello Scico (servizio centrale investigazione criminalità organizzata) della Guardia di finanza Alessandro Barbera. “Un’indagine importante – ha affermato – perché dà la chiara percezione della qualità della polizia giudiziaria italiana nel mondo. Abbiamo raccolto conversazioni e chat che ci hanno rivelato un sistema perdurante finalizzato al traffico di cocaina. Analizzando i tabulati telefonici, abbiamo riversato intere conversazioni che hanno descritto attività illegali nel campo dello smistamento di droga in Europa ma anche Oceania. Abbiamo fermato il tentativo di traffico di 200 chili di cocaina in partenza dall’America del Sud e destinata al porto di Livorno, ma che si è poi dispersa in mare per cattive condizioni meteo ma siamo riusciti a sequestrare circa 200 chili”.
Il sequestro di cocaina al porto di Livorno
Secondo il procuratore aggiunto Vincenzo Capomolla “l’organizzazione transnazionale aveva legami con più Paesi d’Europa. Uno degli snodi dell’inchiesta è il sequestro di cocaina davanti al porto di Livorno. Ciò ha comportato una collaborazione con la procura di Firenze, perché in Toscana vivono alcuni esponenti della cosca Gallace. Il centro direzionale di questa organizzazione era a Guardavalle, qui avvenivano gli incontri importanti e da qui partivano le direttive per il traffico di droga. Questo sistema della comunicazione criptata è stato svelato perché alcuni esponenti della cosca operavano in Calabria utilizzando tali tecnologie”. Il procuratore ha spiegato le chat scambiate tra i soggetti coinvolti, hanno consentito di rilevare che era stato commissionato l’acquisto di circa 200 kg di cocaina dalla Colombia, trasportato all’interno di un container a bordo di una motonave partita dal porto di Cartaghena (Colombia), il cui recupero, programmato inizialmente a Barcellona (Spagna), veniva tentato, con esito negativo, a Livorno. Ulteriori dettagli sono stati illustrati dal generale Guido Geremia comandante regionale Calabria della Guardia di finanza: “L’operazione nasce da una grande sinergia tra procura e Guardia di finanza. Si parte da Guardavalle ma si arriva in Colombia, Costarica e Nuova Zelanda. Ciò richiede un grande sforzo investigativo ma la risposta è stata ottima anche perché questa è la nuova frontiera delle indagini ed è per noi motivo di crescita”.
Organizzazione rigida e militare
Presente anche il colonnello Carmine Virno che ha aggiunto: “Attività complessa ma che ci ha consentito di scardinare il sistema. La cosca ha al suo interno una rigida divisione di ruoli e compiti ben precisi e che non vanno mai travalicati. Una suddivisione quasi militare. Virno ha riferito di un’intercettazione nel corso della quale la fidanzata di uno degli indagati lamentava proprio il fatto che il suo congiunto seguisse in maniere militare e pedissequa le indicazioni del capo cosca. “Le mire attuali della cosca – ha aggiunto Virno – erano Australia e Nuova Zelanda. Per copertura usavano carichi di frutta. Importanti collaboratori di giustizia parlavano direttamente con i colombiani. Per quanto riguarda il server, era una scommessa difficile ma che siamo riusciti a vincere: abbiamo decodificato 96mila account”.
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