di Giovanni Bevacqua – Catanzaro prova a fare finta di nulla. Le prime ore di questo lockdown morbido che la Calabria dovrà vivere almeno per due settimane, sono trascorse in una surreale e atipica normalità. Per le strade la gente cammina, fa compere, si ferma davanti al bar per un caffè che gli verrà consegnato fuori dal locale. Tutto apparentemente normale ma diverso. Perché le auto in giro sono poche, non ci sono ragazzi che “bidonano” la scuola, e sono troppe – o troppo poche – le attività con la saracinesca abbassata. Troppe rispetto alla rigidità imposta dal nuovo Dpcm con cui il premier Giuseppe Conte ha stabilito che si può uscire di casa per acquistare un giocattolo ma non si può acquistare un maglione in vista dell’inverno. Un lockdown in cui ci si può andare a fare la piega dal parrucchiere ma non la ceretta dall’estetista.
Catanzaro si è svegliata in una sorta di realtà parallela dove tutto sembra normale se non fosse per tanti piccoli dettagli che rendono ogni cosa diversa. E prova a fare finta di nulla. Anche del fatto che, poco più distante, c’è chi ha dato il via alla protesta. Chi grida no a una chiusura a metà che rischia seriamente di mettere in ginocchio una terra, la Calabria, che viveva in difficoltà già prima che il Coronavirus cambiasse le regole del gioco. E per quanto si possa provare, poco alla volta ci si accorgerà che non si può fare finta di nulla.
Catanzaro si è svegliata in una sorta di realtà parallela dove tutto sembra normale se non fosse per tanti piccoli dettagli che rendono ogni cosa diversa. E prova a fare finta di nulla. Anche del fatto che, poco più distante, c’è chi ha dato il via alla protesta. Chi grida no a una chiusura a metà che rischia seriamente di mettere in ginocchio una terra, la Calabria, che viveva in difficoltà già prima che il Coronavirus cambiasse le regole del gioco. E per quanto si possa provare, poco alla volta ci si accorgerà che non si può fare finta di nulla.