Il Tribunale del Riesame di Catanzaro ha accolto l’istanza presentata dagli avvocati Natale Polimeni e Biagio Di Vece disponendo la scarcerazione dell’impreditore reggino Antonino Pirrello, coinvolto nell’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia guidata da Nicola Gratteri, nome in codice “Basso Profilo”. Pirrello era finito in carcere con l’accusa di associazione a delinquere con l’aggravante mafiosa e scambio elettorale politico mafioso. All’esito del ricordo la misura cautelare è stata alleggerita e l’imprenditore è passato ai domiciliari.
Le memorie difensive
Le memorie difensive
I difensori di Pirrello hanno presentato una corposa memoria difensiva tesa a smontare le accuse del gip distrettuale di Catanzaro che aveva firmato l’ordinanza di arresto e a dimostrare l’estraneità del loro assistito ai fatti contestati. In particolare hanno cercato di dimostrare che l’imprenditore non avrebbe intrattenuto alcun tipo di rapporto con i presunti “co-associati” evidenziando che non fosse possibile neanche individuare una mera telefonata tra gli interessati che Pirrello neanche conosceva. Quanto all’accusa di voto di scambio politico-mafioso, i difensori hanno contestato “la totale irrintracciabilità del paradigma normativo promessa di voti-utilità, atteso che il Pirrello mai ha promesso alcun impegno elettorale – né personalmente, né per il tramite della società di cui era amministratore Puliservice srl, tantomeno richiesto al politico alcun intervento fattivo illecito”. Per gli avvocati Polimeni e Di Vece il paventato rapporto illecito, tra l’ex assessore regionale Talarico e l’imprenditore Pirrello, non può essere neanche ipotizzato “considerato che i due si siano conosciuti quasi accidentalmente e, poi, incontrati in una sola altra occasione”.
Il verdetto del Riesame
All’esito dell’udienza camerale, i giudici del Riesame hanno disposto la sostituzione della misura di custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari. Cadono, pertanto, tutte le accuse inerenti alla presunta agevolazione mafiosa e, insieme, anche il paventato metodo mafioso di cui al reato di voto di scambio. “La condotta di reato, così come riconvertita dal giudice del Riesame, attiene – spiegano gli avvocati – ad un mero reato elettorale, del tutto avulso da dinamiche e/o metodologie ‘ndranghetiste”.
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