Farmabusiness, la Dda di Catanzaro vuole la condanna di Aprile: “Minacciate dipendenti Asp”

Per la Procura distrettuale antimafia, il gup che ha assolto l'imputato non tiene conto del contesto criminale: "E' legato al clan dei Gaglianesi"

di Gabriella Passariello- La Dda di Catanzaro non ha proposto appello solo nei confronti di Domenico Tallini, ma vuole la condanna anche per Tommaso Aprile, 50enne, di Catanzaro assolto dal gup nell’ambito dell’inchiesta Farmabusiness, dall’accusa di violenza o minaccia a pubblico ufficiale.  Un’assoluzione che si fonda secondo il giudice di prime cure su una insufficienza di prove. Secondo l’originaria ipotesi accusatoria Salvatore Grande Aracri e l’antennista Domenico Scozzafava come mandanti,  Pancrazio Opipari e Aprile come esecutori avrebbero costretto due funzionarie Asp a rilasciare parere positivo all’idoneità dei locali del Consorzio Farmaitalia dopo che per due volte l’autorizzazione per l’avvio della attività era stata negata. Opipari e Aprile avrebbe fermato le due funzionarie proprio davanti alla sede dell’Asp. Il gup Barbara Saccà nelle motivazioni della sentenza con cui il 14 febbraio scorso ha emesso 14 condanne e sei assoluzioni  sinteticamente, secondo magistrati Vincenzo Capomolla, Domenico Guarascio e Paolo Sirleo che hanno vergato il ricorso, analizza come, ad un certo punto della vicenda, i sodali di ‘ndrangheta Scozzafava e Opipari si interessano a comprendere quali funzionari Asp fossero delegati al controllo del capannone tramite un responsabile Asp.

“Glielo devono firmare il parere positivo”

“Glielo devono firmare il parere positivo”

Per come previsto in sentenza: “appena due ore dopo da questo incontro, Maria Luisa Scozzafava comunica al fratello Domenico che il controllo delle dipendenti dell’Azienda Sanitaria provinciale Asp era andato bene: “E stiamo concludendo… no sono dei gattini…Insomma gliela devono firmare e gliela danno… Capito?. Una conversazione in cui si commenta l’atteggiamento “docile” e mutato delle funzionarie incaricate e l’esito del controllo. Tutto questo trascorse poco meno di due ore dopo il sopralluogo.Scozzafava chiama Opipari per ringraziarlo di aver coinvolto il responsabile Asp e Aprile e Opipari, ricevuta l’informazione dall’antennista, mentre si trovava in macchina racconta ad un suo interlocutore: ” stamattina ho dovuto fare un terremoto a rotelle … sono dovuto salire prima a Catanzaro sono andato da Tommaso (ndr. Aprile) … sono andato … tutto quanto … e siamo andati là aIl’Asp… il presidente ha chiamato per vedere chi  fossero queste dipendenti poi ho chiamato a Domenico … quindi non era una questione territoriale… ma una questione regionale… – perchè la domanda loro l’hanno fatta alla Regione Calabria… Poi Tommaso Aprile   se l’è presa no? .. la cosa bella .. che se l’è presa sotto braccio (la dipendente Asp ndr) e gli ha detto ridendo andiamo che adesso le offro un bel caffè… “.

“Nessun invito di cortesia, minacce vere e proprie”

Per il gup la lettura delle conversazioni riportate consente di ritenere che la dipendente fosse stata avvicinata, prima del sopralluogo, da un suo collega, responsabile Asp. E secondo il giudice è indubbio che  in quella occasione ci fossero  anche Opipari Pancrazio e Aprile, come è indubbio  che l’invito a prendere un caffè da parte di questo ultimo, non equivaleva ad un atto intimidatorio, quanto piuttosto, sebbene inopportunamente, quello di esaltare il clima “amichevole” e disteso, creato grazie all’intervento del responsabile Asp”.

Il gup non tiene in considerazione il contesto criminale

Un’affermazione questa che stride con il contesto criminale in cui operano i protagonisti, contesto, che secondo la Dda il gup non ha preso proprio in considerazione. “Cosa può esserci di “amicale”, per due funzionarie Asp, nell’essere  invitate a prendere un caffè, da terzi sconosciuti, al momento dell’esercizio di un incarico d’ufficio?”. Opipari e Aprile ricorda la Dda sono legati a clan dei Gaglianesi e va da sé che si sia “trattata di una vera e propria intimidazione. Affermare che ci fosse un interesse del gruppo dei Gaglianesi al buon esito del controllo, esplicitato proprio dalla presenza di due uomini di quel gruppo, sul posto, significa renderne “visibile” la presenza. Il segno di prendere un caffè non necessita di minacce esplicite, proprio in considerazione del condizionamento ambientale imposto dal contesto criminale.

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