Imponimento, il Riesame di Catanzaro annulla l’ordinanza per un latitante vibonese

di Mimmo Famularo – Rosario Pugliese, alias “Saro Cassarola”, è considerato dagli inquirenti uno degli esponenti di spicco della ‘ndrangheta di Vibo. Insieme a Pasquale Bonavota di Sant’Onofrio e Salvatore Morelli di Vibo è uno dei latitanti vibonesi più ricercati. Di lui si sono perse le tracce dopo essere sfuggito alla cattura lo scorso 19 dicembre nella notte del maxi blitz denominato “Rinascita Scott”. Il suo nome era salito nuovamente alla ribalta lo scorso luglio quando la Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro fece scattare un’altra operazione antimafia, denominata in codice “Imponimento”. Tra gli indagati c’era anche lui, il presunto capo della ‘ndrina dei Cassarola di Vibo. Nei suoi confronti, però, il Tribunale del Riesame di Catanzaro ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip lo scorso 12 agosto. Accolto il ricorso presentato per suo conto dagli avvocati Francesco Lione e Franco Moretto. Cade quindi l’accusa di estorsione aggravata dal metodo mafioso ma Pugliese resta latitante e ricercato attivamente. C’è sempre l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip Barbara Saccà nell’ambito della maxi inchiesta “Rinascita Scott” da eseguire mentre a Roma prosegue l’udienza preliminare che lo vede tra gli imputati.

Caccia a Saro “Cassarola”

Caccia a Saro “Cassarola”

Sul suo conto Andrea Mantella dichiara: “E’ un usuraio, anche se per un periodo è stato sotto usura da parte di Francesco Fortuna, esponente dei Bonavota. Ho saputo che di recente unitamente al figlio ha avuto dei rapporti con Emanuele Mancuso nel traffico di sostanze stupefacenti. So che ha anche un silos per lo stoccaggio di carburanti, anche se non so la zona dove è ubicato. E’ attualmente attivo nel settore dell’onoranze funebri in società con Orazio Lo Bianco, soggetto che ha compiuto numerosi illeciti al cimitero di Vibo, grazie alla compiacenza dei custodi e in particolare di tale Francolino. Nello specifico si appropriavano di cappelle di proprietà di soggetti che si trovavano fuori Vibo e che non le utilizzavano più, per poi rivenderle. Non so – aggiunge Mantella – se Saro Cassarola era ufficialmente socio di Orazio Lo Bianco o se fosse un socio occulto. Ultimamente hanno perso un po’ di potere ed il cimitero è passato in mano a Mommo Macrì (nel caso in cui si deve realizzare una cappella pretende una parte dei proventi a titolo di estorsione per l’esecuzione dei lavori)”. Secondo Mantella, “Saro Cassarola” sarebbe affiliato alla ‘ndrangheta con il grado della “Santa” e sarebbe stato sempre presente alle riunioni della “società maggiore”. Il collaboratore di giustizia lo accusa anche di essere uno dei responsabili dell’omicidio di Antonio Pardea: “Pugliese Rosario e Domenico Piromalli sono responsabili dell’omicidio di Pardea Antonio, avvenuto anche questo negli anni ’80, per via del fatto che aveva una relazione con la moglie di Domenico Piromalli. Il Pardea è stato ucciso all’interno di un’officina. Il fatto – precisa Mantella – mi è stato raccontato dallo stesso Rosario Pugliese, da Carmelo e Paolino Lo Bianco e da mio cognato Franzè Antonio. Per questi omicidi fu data la dote di Sgarrista a Pugliese Rosario, mentre Domenico Piromalli lo era già”.

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