Inchiesta Genesi, Presa Diretta analizza il mercimonio delle perizie nel “sistema Catanzaro”

di Antonio Battaglia – Largo spazio della puntata odierna di “Presa Diretta” viene riservato anche dell’inchiesta “Genesi” che ha scoperchiato la compravendita delle sentenze. Protagonisti il giudice Marco Petrini, presidente della seconda sezione della Corte d’appello del tribunale di Catanzaro già condannato in primo grado per corruzione in atti d’ufficio, e Mario Santoro, uno dei principali accusatori del giudice Petrini, condannato anche lui nello stesso processo. 

La testimonianza di Santoro

La testimonianza di Santoro

Ex medico dell’Asp di Cosenza, Santoro faceva da collettore tra il giudice e i corruttori. “Il giudice Petrini è tuttora un amico anche se ci sono cose che io non ho condiviso – afferma ai microfoni della trasmissione – Lo conoscevo da 13 anni quindi io mi mettevo a disposizione”. In questi anni di amicizia, Santoro viene a conoscenza di tutti i trucchi che venivano utilizzati per aggiustare le sentenze a cominciare dalle perizie tecniche che vengono affidate direttamente dai giudici ai professionisti. E il giudice Petrini cercava sempre professionisti in grado di spolpare i clienti. “Le nomine le fa il magistrato, non importa se uno è bravo o meno: l’essenziale è che faccia quello che il magistrato gli dice – spiega Santoro, che non ha dubbi sul “sistema Catanzaro” – Quella città è il fulcro, la questione dei colletti bianchi che dice Gratteri è vera”.

Le scuse di Saraco

Altra storia che emerge nell’inchiesta di Presa Diretta è quella della famiglia Saraco. Iacona intervista Francesco, avvocato condannato dal tribunale di Salerno a un anno e otto mesi per aver corrotto il giudice Petrini pur di salvare il padre dalla condanna e ottenere il dissequestro dei beni. A Petrini, Saraco arriva attraverso il commercialista Claudio Schiavone. “Mi disse praticamente che aveva l’opportunità di risolvere la questione in appello perché lì c’era il giudice Petrini. Tuttavia voleva una provvista corruttiva che noi concordammo di 150 mila euro di cui 60mila euro glieli diedi in più tranche – racconta alle telecamere – Il resto gli avrei dovuto dare all’esito del procedimento d’appello favorevole. Ho sbagliato davvero. Chiedo scusa a tutta l’ordine degli avvocati, è giusto che paghi per quello che ho fatto. Io ho pensato che quello fosse il sistema. Me l’hanno fatto pensare a me, non ho pensato io”.

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