Sono cento uomini, super addestrati, capaci di sopravvivere ad un appostamento di 20 ore a 42 gradi d’estate o a -17 d’inverno. Alcuni ufficiali, la gran parte ‘soldati semplici’. Vivono sul terreno. Due soli obiettivi: catturare latitanti di ‘ndrangheta in Aspromonte e estirpare le piante di marijuana che consentono alle cosche di arricchirsi e corrompere. I Cacciatori di Calabria sono un corpo scelto dei carabinieri. Uno Squadrone schierato H24 contro quella che forse oggi è la mafia più potente, la ‘ndrangheta. Da trenta anni la loro casa è a Vibo, a due passi dalla zona industriale, non distante dall’altopiano del Poro. La loro base è in un aeroporto militare intitolato all’ex ministro Luigi Razza, bombardato dagli alleati ai tempi della Seconda guerra mondiale, ricostruito e consegnato ai carabinieri.
Lo “Squadrone Cacciatori”
Lo “Squadrone Cacciatori”
Da trenta anni è qui che vivono gli uomini dello “Squadrone”, i cosiddetti “baschi rossi” una squadriglia composta da unità super addestrate (alcuni ufficiali, la gran parte soldati semplici) operanti dal 1991 con l’intento, inizialmente, di mettere fine alla stagione dei sequestri. Oggi, il loro obiettivo è quello di contrastare il malaffare sul territorio aspromontano, quella ‘ndrangheta divenuta nel tempo la mafia più potente. Uno spaccato reale ad alto tasso di azione e suspense, in cui questo manipolo di uomini coraggiosi rischia ogni giorno la vita per restituire questa terra ai calabresi. Una guerra contro l’anti-Stato con missioni, appostamenti, blitz, rastrellamenti nelle campagne, tra i boschi, nelle gole, nelle caverne dell’Aspromonte in cerca di armi, piantagioni di marijuana, latitanti. Ne hanno catturato centinaio: da Umberto Bellocco nei primi anni novanta ai Domenico Bonavota un’estate fa. Non c’è bunker o burrone che possa fermarli. Un reparto d’elite nato da un’idea del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa ai tempi della lotta al terrorismo.
Una festa “sobria” di compleanno
Al loro trentesimo compleanno ha preso parte anche Massimo Giletti, il noto conduttore di “Non è l’Arena” che per l’occasione è tornato in Calabria, la terra martoriata dalla ‘ndrangheta e dal malaffare che lui stesso ha spesso raccontato nell’ultima stagione televisiva. Un omaggio a questi uomini che, dietro le quinte, nel buio della notte, spesso coperti da passamontagna, si muovono nei luoghi più ostici della Calabria contrastando la ‘ndrangheta in prima linea e stando in trincea. Al loro fianco questa mattina c’era anche il comandante della Legione Carabinieri Calabria Andrea Paterna affiancato dai vertici dell’Arma vibonese: il colonello Bruno Capece, il tenente colonnello Alessandro Corda e il maggiore Alessandro Populi, il maggiore Gianfraco Pino e il capitano Ivan D’Errico, l’attuale comandante dello Squadrone. “Noi – ha detto il generale Paterna, un passato nelle forze speciali – ancor prima di essere degli incursori o dei bravi cacciatori dobbiamo essere dei carabinieri e ciò significa essere esempio di coraggio, lealtà e onestà”.
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