Rinascita Scott, Presa Diretta racconta il potere infinito dei Mancuso e il ruolo di Pittelli

di Antonio Battaglia –  “Non è cronaca giudiziaria, è una questione di libertà e di democrazia che riguarda tutti”. La più grossa inchiesta contro la ‘ndrangheta diventa protagonista della puntata di Presa Diretta, andata in onda questa sera su Rai Tre. La trasmissione, condotta da Riccardo Iacona, è stata interamente dedicata all’indagine della Dda di Catanzaro “Rinascita Scott” che, partendo dal contrasto alle cosche della provincia di Vibo Valentia, si allarga fino a raggiungere un “sistema” che stritola la Calabria. Quello messo insieme dal programma di Rai Tre è un racconto che non fa sconti e rappresenta l’enciclopedia dell’universo mafioso calabrese in tutti i suoi aspetti: omicidi, lupare bianche, traffico d’armi. Protagonisti avvocati, imprenditori, pubblici funzionari, politici, membri delle forze dell’ordine. E c’è anche la storia della piccola gente, vittima dei soprusi del potere ‘ndranghetista, a dimostrazione che dove comanda la mafia soffrono tutti.

Si apre, il racconto, con le immagini della provincia di Vibo Valentia. Un esercito di ‘ndranghetisti, disarticolato per ogni comune. La malavita che Rinascita Scott ci racconta ha la forma di un vero e proprio Stato illegale, parallelo, che spesso è più forte dello Stato. Al centro dell’indagine c’è la cosca guidata dal boss Luigi Mancuso e le decine di clan a lui collegati. “Dipendeva tutto dalla famiglia Mancuso. Omicidi, non omicidi, sparatorie, morti” le parole di Rosario Michienzi, collaboratore di giustizia, mentre per Giovanni Giamborino “Luigi Mancuso ha il tetto del mondo”.

Si apre, il racconto, con le immagini della provincia di Vibo Valentia. Un esercito di ‘ndranghetisti, disarticolato per ogni comune. La malavita che Rinascita Scott ci racconta ha la forma di un vero e proprio Stato illegale, parallelo, che spesso è più forte dello Stato. Al centro dell’indagine c’è la cosca guidata dal boss Luigi Mancuso e le decine di clan a lui collegati. “Dipendeva tutto dalla famiglia Mancuso. Omicidi, non omicidi, sparatorie, morti” le parole di Rosario Michienzi, collaboratore di giustizia, mentre per Giovanni Giamborino “Luigi Mancuso ha il tetto del mondo”.

Per quattro anni i carabinieri dei ROS, del Nucleo Investigativo di Vibo Valentia e i magistrati hanno pedinato e intercettato decine di ‘ndranghetisti. Nulla sfuggiva al controllo criminale: appalti, compravendita di beni, intestazioni fittizie, contratti tra privati, acquisizione di imprese, imposizione del pizzo e un enorme giro di usura, un vero e proprio circuito bancario illegale parallelo. “Dall’ultimo marciapiede fino al primo cantiere di Vibo Valentia, dall’ospedale fino all’amministrazione pubblica” dice Alessandro Bui, comandante del Nucleo investigativo di Vibo.

“A Catanzaro è un momento di guerra”

Le telecamere si spostano poi nel palazzo della Procura di Catanzaro. Gratteri racconta Rinascita, ma anche la propria storia di procuratore a Catanzaro. “Uno dei talloni d’Achille di questo ufficio – spiega ai microfoni della trasmissione – era il fatto che spessissimo c’erano fughe di notizie. Nei corridoi giravano un sacco do persone, poi ho chiuso le porte. Chiunque veniva qui in ufficio doveva dire dove andava, da chi andava e cosa voleva”. Blindata la Procura da facili accessi, il procuratore ha dato inizio a trasferimenti di decine di ufficiali di polizia giudiziaria. “Gratteri ha bloccato tutta la Procura… ci sta facendo un c..lo di questa maniera… una volta entravamo ‘mbrasciate, i catanzaresi, i lametini facevano quello che cazzo volevano… adesso non esce uno spillo”, è l’intercettazione di alcuni ‘ndranghetisti. 

Gratteri ammette di essere stato duro, di non avere guardato in faccia a nessuno, nemmeno tra i propri investigatori. “Tu sarai un bravissimo investigatore in tempi di pace, ho detto a qualcuno. Ma in questa fase storica a Catanzaro non è un momento di pace, è un momento di guerra”.

L’uomo del boss e il matrimonio di Antonio Gallone

Le telecamere di Presa Diretta inquadrano il casotto di campagna di proprietà di Pasquale Gallone, l’uomo delle ambasciate e vice del boss, dove si trattavano tutti gli affari di Luigi Mancuso. Gli imprenditori agricoli si presentano lì quando intendono acquisire un terreno.

In seguito, il focus si sposta sul matrimonio di Antonio Gallone (figlio di Giuseppe Gallone, fratello di Pasquale) e Aurora Spasari, figlia di Vincenzo Spasari, altri indagato ritenuto vicino al boss Luigi Mancuso. Pasquale Gallone avrebbe imposto al titolare del servizio di catering un forte sconto per il servizio di ristorazione in occasione del matrimonio. 40 euro circa per invitato, al posto del prezzo precedentemente richiesto pari a 115 euro. Complessivamente una differenza di circa 20mila euro.

Usura e contratti tra privati

Vittima di una condotta usuraria è Giuseppe Sergio Baroni, commerciante di abbigliamento e di oggetti preziosi divenuto poi testimone di giustizia. “Tutto è iniziato da un primo prestito di 5mila euro, era stato stabilito un interesse mensile di 500 euro al mese fino al rientro del capitale. Purtroppo le cose non andavano bene e ho dovuto chiedere un prestito di altri 5mila euro con lo stesso metodo di interessi. Da qui un’escalation durata due anni: in questo periodo gli ho dato circa 80mila euro, a fronte di 38mila ricevuti”.

Altro celebre caso è quello di Carmine Zappia, proprietario di una tabaccheria di Nicotera e di un mobilificio acquistato da un privato, che con le sue denunce ha fatto arrestare i suoi aguzzini. Antonio Mancuso, l’anziano fratello del boss Luigi, venne a sapere del contratto e gli chiese i 200mila euro che avrebbe dovuto dare al proprietario del mobilificio. “Non si può dire di no al boss – le parole di Zappia, intervistato da Iacona – ogni mese c’erano interessi stratosferici. Quando non riuscii più a sostenere queste spese, Mancuso mi intimò di vendere il mobilificio. Le minacce erano all’ordine del giorno, loro le proprietà se le prendono”.

La storia di Vittoria Sicari

Il focus si sposta su Vibo Marina e la figura da prendere in considerazione è Antonio Vacatello, colui che si impossessò dell’abitazione di Vittoria Sicari con la scusa di prenderne le misure per acquistarla. “Si sono ritrovati di un attico 200 metri quadri senza aver speso un centesimo” afferma l’avvocato Giovanna Fronte, una delle poche a prendersi in carico una vicenda così delicata. Sicari non si dà per vinta e fa causa per sfratto ai Vacatello. “Se vuoi le chiavi dell’appartamento, vieni a prendertele direttamente. Per il resto, stai attenta ché ti sparo” sono le terribili parole che Vacatello rivolse alla legittima proprietaria dell’abitazione, che ora risulta inadempiente nei confronti della banca per non aver pagato il mutuo.

Il predominio delle cosche è simboleggiato da decine e decine di reati di fittizia intestazione dei beni. “E’ la pratica che consente il nutrimento delle famiglie di ‘ndrangheta, che si appropriano di un bene e lo intestano all’illustre sconosciuto”.

Il ruolo di Pittelli

Il numero impressionante in questa indagine è quello dei “colletti bianchi” che si sono prestati agli interessi mafiosi. È il caso dell’avvocato Giancarlo Pittelli, rinviato a giudizio per concorso esterno in associazione mafiosa, principe del Foro di Catanzaro ed ex senatore nelle file di Forza Italia. Secondo il gip, Pittelli, accreditato dai circuiti della massoneria più potente, è stato in grado di far relazionare la ‘ndrangheta con i circuiti bancari, con le società straniere, con le università. Il tutto fungendo da passe-partout dei Mancuso grazie alla sua fama professionale e di uomo stimato nelle relazioni sociali. “Io lo so, la prima persona che Dell’Utri contattò per la formazione di Forza Italia in Calabria fu Piromalli – si apprende in un’intercettazione di Pittelli – in Calabria i mafiosi numeri uno in assoluto sono Piromalli e Mancuso. Io li difendo dal 1981”. Per i magistrati della Dda di Catanzaro, Pittelli è potentissimoAl punto che conosceva, prima ancora che lo arrestassero, il nome della dottoressa firmataria dell’ordinanza di custodia cautelare.

Ci sono degli affari che, più di tutti, emergono come una “costante” dell’ex senatore nelle conversazioni intercettate. Ovvero, gli interessi su un villaggio Valtur di Nicotera Marina, nel cuore della costa degli dei, a poca distanza dalla celebre Tropea. “Possiamo guadagnare 3 o 4 milioni di euro” le parole dell’avvocato, che avrebbe ricevuto da Mancuso l’invito a rivolgersi a Salvatore Rizzo, ex sindaco di Nicotera. L’affare non si farà, ma per gli investigatori rimane cristallizzato il ruolo di Pittelli quale intermediario.

Secondo il collaboratore Cosimo Di Giglio, Pittelli fa parte di una loggia massonica deviata. Proprio quella dove “c’è il potere, ci sono i burattinai – dice Gratteri –  Investigare questo mondo è pericoloso, perché mettiamo a repentaglio la nostra carriera, la nostra vita. E noi sappiamo perfettamente che non dimenticheranno e che non perdoneranno l’avere osato o l’osare avvicinarsi a questo mondo”.

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