Tentata estorsione al nuovo ospedale di Vibo, il presunto “postino” del clan fa scena muta

Si è avvalso della facoltà di non rispondere davanti al gip del Tribunale di Teramo il 34enne affiliato ai "Pardea-Ranisi" accusato di cinque tentate estorsioni 

Il presunto “postino” delle “nuove leve” della ‘ndrangheta di Vibo è rimasto in silenzio. Scena muta dinnanzi al gip del Tribunale di Teramo dove è comparso per l’interrogatorio di garanzia avvenuto in rogatoria con l’assistenza del suo difensore, l’avvocato Walter Franzè. Non ha proferito parola e si è avvalso della facoltà di non rispondere Michele Manco, 34 anni, ritenuto affiliato alla ‘ndrina dei “Pardea-Ranisi” e coinvolto nell’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro che punta a fare luce su una serie di tentate estorsioni avvenute a Vibo Valentia tra il 2020 e il 2022. Già condannato a 12 anni di reclusione nel filone abbreviato del maxiprocesso “Rinascita Scott”, Michele Manco deve difendersi da nuove accuse: associazione mafiosa che si sarebbe materializzata – secondo gli inquirenti – all’indomani della colossale operazione contro la ‘ndrangheta vibonese avvenuta il 19 dicembre del 2019 e cinque tentate estorsioni che invece si sarebbero verificate dopo la sua scarcerazione disposta dal Tribunale del Riesame di Catanzaro nei giorni successivi lo storico blitz compiuto dai carabinieri. Il 34enne di Vibo una volta rimesso in libertà avrebbe ripreso le attività illecite per conto del gruppo criminale al quale apparterrebbe trasformandosi – secondo l’ipotesi accusatoria – in una sorta di “postino” per trasmettere una serie di messaggi estorsivi indirizzati ai titolari di alcune imprese con l’obiettivo di recuperare denaro liquido in un momento in cui la ‘ndrina di riferimento era alle strette per via degli arresti effettuati dalla Procura antimafia di Catanzaro e dai carabinieri di Vibo.

La tentata estorsione nel cantiere del nuovo ospedale

La tentata estorsione nel cantiere del nuovo ospedale

Tra le tentate estorsioni contestate spicca quella all’impresa che tra il 2020 e il 2021 ha effettuato alcuni lavori nell’area del nuovo ospedale di Vibo. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti a pronunciare la frase Dì al tuo capo che si è dimenticato degli amici” sarebbe stato proprio Michele Manco. Una chiara minaccia proferita all’autista della ditta di costruzioni di Catanzaro che aveva vinto l’appalto. Chiaro l’obiettivo: costringere l’imprenditore che si era aggiudicato i lavori a pagare la classica mazzetta da corrispondere ai “Pardea-Ranisi” perché il cantiere in questione ricadeva – secondo le logiche criminali – nel territorio sottoposto al loro controllo. Tutto vano. Il messaggio recapitato indirettamente a Massimo Procopio, titolare della Costruzioni Procopio Srl, la società appaltatrice dell’opera pubblica, è stato rispedito al mittente con una denuncia all’autorità giudiziaria. Michele Manco avrebbe tuttavia insistito recandosi nuovamente sul cantiere e avvicinando un altro autista, un mese dopo, luglio 2020: “Vi siete scordati di andare a trovare gli amici, andate a trovare gli amici sennò vi sparano”. Nuovo messaggio di chiaro stampo mafioso, nuova denuncia contro ignoti da parte di Procopio, altro supplemento di indagini fino all’identificazione del presunto autore oggi destinatario della misura cautelare. (mi.fa.)

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