LA SENTENZA

‘Ndrangheta nel Vibonese, ergastolo annullato e nuovo processo per Domenico Bonavota

E' quanto sancito dalla Cassazione nel processo Conquista. Definitive le condanne a 30 anni per i due luogotenenti del boss

La Corte di Cassazione ha annullato con rinvio l’ergastolo inflitto a Domenico Bonavota, 44 anni, ritenuto il capo dell’ala armata dell’omonima famiglia di ‘ndrangheta di Sant’Onofrio, accusato nell’ambito del processo scaturito dall’operazione “Conquista”, di essere uno dei mandanti dell’agguato che nel luglio del 2004 costò la vita a Domenico Di Leo, detto “Micu i Catalanu”. Nei confronti del presunto boss di Sant’Onofrio, fratello di Pasquale Bonavota, sarà necessario un nuovo processo in Corte d’Assise d’Appello a Catanzaro. Difeso dagli avvocati Vincenzo Gennaro e Giuliano Dominici, Bonavota è stato condannato per i soli reati estorsivi ai danni dell’imprenditore vibonese Pippo Callipo i cui esecutori materiali sarebbero Giuseppe Lopreiato e Domenico Febbraro. I loro ricorsi sono stati rigettati con tanto di conferma della pena a quattro anni di reclusione inflitta in precedenza dalla Corte d’Assise d’Appello. La Suprema Corte, pur annullando l’aggravante mafiosa, ha confermato le condanne a 30 anni di reclusione per i due luogotenenti del clan Bonavota, Onofrio Barbieri e Francesco Salvatore Fortuna, entrambi di Sant’Onofrio, accusati di aver preso parte a un altro omicidio “eccellente” quello di Raffaele Cracolici, detto “Lele Palermo”, ucciso a Pizzo nel maggio del 2005. Nel collegio difensivo erano impegnati, tra gli altri, gli avvocati Salvatore Staiano, Sergio Rotundo, Francesco Muzzopappa, Elisa Solano e Lo Presti.

Le assoluzioni definitive di Pasquale e Nicola Bonavota

Le assoluzioni definitive di Pasquale e Nicola Bonavota

La Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro presieduta dal giudice Francesca Garofalo aveva assolto i fratelli Pasquale e Nicola Bonavota, accusati di essere tra i mandanti dei due omicidi. In questo caso l’impianto accusatorio costruito dalla Direzione distrettuale di Catanzaro è stato smontato punto su punto dagli avvocati Tiziana Barillaro e Nicola Cantafora che sono riusciti a prosciogliere i loro assistiti da tutte le accuse e le assoluzioni nei confronti di Pasquale Bonavota (arrestato la scorsa settimana a Genova dopo oltre quattro anni di latitanza) e Nicola Bonavota (mandato ai domiciliari per motivi di salute dal Tribunale del Riesame) sono quindi diventate definitive già prima del verdetto della Cassazione alla quale l’Ufficio di Procura non ha ritenuto di dover impugnare la sentenza emessa dai giudici catanzaresi nel novembre del 2021.

L’operazione Conquista

Al centro dell’inchiesta condotta dai carabinieri del Nucleo investigativo di Vibo sotto il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro due omicidi: quello di Raffaele Cracolici, alias “Lele Palermo”, ucciso il 4 maggio 2004 a colpi di arma da fuoco a Pizzo Calabro, e quello di Domenico Di Leo, alias “Micu Catalanu”, ucciso a Sant’Onofrio in via Tre Croci il 12 luglio 2004.  Per il primo delitto rispondevano inizialmente in concorso tra di loro e a vario titolo Pasquale Bonavota, Nicola Bonavota, Francesco Fortuna, Onofrio Barbieri e Andrea Mantella mentre Domenico Bonavota e Vincenzino Fruci erano stati già giudicati ed assolti in via definitiva nell’operazione antimafia denominata “Uova del drago”, Per l’agguato costato la vita a Di Leo gli imputati erano inizialmente Domenico Bonavota, Pasquale Bonavota, Nicola Bonavota, Onofrio Barbieri e Andrea Mantella. In un separato processo d’appello era già stato assolto Francesco Fortuna che in primo grado aveva riportato una condanna a 30 anni di reclusione.

I presunti moventi dei due omicidi

Secondo l’accusa Raffaele Cracolici sarebbe stato eliminato dal clan Bonavota nell’ambito di uno scontro tra opposte fazioni per il controllo dell’area industriale di Maierato. Domenico Di Leo era invece ritenuto uno dei componenti del gruppo di fuoco del clan Bonavota. Entrato in contrasto con i figli del defunto boss Vincenzo Bonavota, “Micu i Catalanu” era, come lo stesso Cracolici, un personaggio ritenuto scomodo e per questo motivo sarebbe stato ucciso dopo essere stato attinto in diverse parti del corpo da colpi d’arma da fuoco sparati da un kalashnikov e un fucile a pompa.

Le intimidazioni ai danni di Pippo Callipo

Tra gli imputati figuravano anche Domenico Febbraro accusato di aver materialmente esploso undici colpi di pistola all’indirizzo del cancello di ingresso della struttura ricettiva “Popilia Country Resort” di Maierato. Secondo le ricostruzioni degli inquirenti sarebbe stato accompagnato sul posto da Giuseppe Lopreiato, all’epoca dei fatti considerato il presunto autista di Domenico Bonavota, quest’ultimo ritenuto il mandante della sparatoria ai danni di una delle attività di proprietà del noto imprenditore Pippo Callipo.

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