Operazione Mercato Libero: l’amianto spalmato sul cantiere e le presunte truffe dei fratelli Frascati

Gli indagati e i funzionari comunali sembrerebbe fossero perfettamente consapevoli del grave danno che avrebbero arrecato all’ambiente

Operazione Mercato Libero e reati ambientali. Nel corso delle indagini coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, diretta dal procuratore Giovanni Bombardieri, che hanno portato oggi all’arresto di quattro persone e un immobile sequestrato a Reggio Calabria sono state sveltate diverse violazioni di natura ambientale. Condotte emerse durante le attività di video osservazione sulle opere di cantiere svolte dalla PAECO S.r.l.. I vertici della società con la collusione dell’Ufficio della Direzione dei Lavori, nel corso delle operazioni di movimento terra, scavo e demolizione nel cantiere, aveva gestito abusivamente un ingente quantitativo di rifiuti speciali pericolosi e non, già presenti sull’area, tra cui anche materiale contenente amianto frantumato. Il prodotto ricavato, invece di essere selezionato e/o smaltito secondo legge, è stato in realtà miscelato con terra e rocce da scavo e poi riutilizzato per riempire avvallamenti e terrapieni.

La complicità dei funzionari comunali

La complicità dei funzionari comunali

L’azienda lucana impegnata nella realizzazione dell’opera pubblica avente ad oggetto la riqualificazione del quartiere Ravagnese, con collegamento viario sulle golene del torrente Sant’Agata, tra la superstrada Jonica e la zona sud di Reggio Calabria avrebbe contaminato l’area. Gli indagati, pur di ampliare i propri profitti, piuttosto che procedere all’immediata sospensione dei lavori, segnalando quanto accertato agli organi competenti, continuavano, con la complicità dei responsabili comunali, nell’attività di movimento terra, sbancamento e riempimento su quasi tutta l’area di cantiere, perfettamente consapevoli del grave danno che avrebbero arrecato all’ambiente ed incuranti dei siti di amianto ivi presenti. Tra gli indagati infatti appaiono tre dipendenti dell’ufficio tecnico del Comune di Reggio Calabria Giuseppe Beatino, Domenico Scalo e Lorenzo Benestare, ma anche gli ispettori di cantiere nominati dall’amministrazione comunale: Leandro Azzara, Antonino Battaglia, Vincenzo Cuzzola, Silvio Mangiola ed Eleonora Maria Pia Megale.

L’amianto frantumato

Il cantiere in argomento è stato successivamente sequestrato dal Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri di Reggio Calabria che, a seguito di un accesso al sito, ha riscontrato la presenza in loco di rifiuti pericolosi, tra i quali l’amianto frantumato. Gli accertamenti compiuti sul cantiere in occasione del sequestro hanno inoltre consentito di evidenziare numerose violazioni in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro, che sono state contestate all’impresa aggiudicatrice. Tale gestione illecita di rifiuti ha trovato peraltro riscontro nelle attività di sondaggio compiute dal consulente tecnico incaricato dall’Autorità Giudiziaria, a compiere studi approfonditi sul cantiere. Gli esiti della consulenza hanno evidenziato come l’area interessata dalla realizzazione delle golene del Torrente Sant’Agata costituisse una vera e propria discarica. Tale dato tuttavia era noto sin dalla progettazione dell’opera, posto che la condizione e lo stato in cui versava l’intera area del torrente erano già noti dal novembre 2007, allorquando il sito in questione era stato inserito nel piano delle bonifiche della Regione Calabria. Ad oggi, la suddetta area non è stata ancora bonificata.

I fratelli Frascati

Nello stesso solco di indagine confluiscono inoltre gli esiti di indagine svolti sul conto di Demetrio e Paolo Frascati, fratelli del suddetto Emilio Angelo, in ordine al reato di trasferimento fraudolento di valori, volto a mascherare la titolarità di un noto concessionario di autovetture da tempo attivo in Reggio Calabria, che in realtà è a loro perfettamente riconducibile. Nello specifico, è stato ricostruito come i fratelli Frascati, da sempre attivi nel commercio degli autoveicoli, a seguito dei provvedimenti giudiziari che hanno portato nel tempo al sequestro ed alla successiva confisca dei beni da loro acquisiti illecitamente, tra cui la concessionaria di autovetture Frauto s.r.l., abbiano messo in atto una manovra elusiva finalizzata a mascherare i loro capitali aziendali nel timore di subire ulteriori provvedimenti in tema di misure di prevenzione patrimoniale. Le indagini, infatti, hanno acclarato come la Società Cooperativa Effe Motors (concessionario di autovetture) sia stata fittiziamente intestata ai soci della stessa, già dipendenti della Frauto S.r.l., quest’ultima riconducibile a Demetrio e Caterina Frascati, in quanto sottoposta in sequestro in data 25.02.1997, a cagione dagli esiti del processo Olimpia, e poi sottoposta in confisca irrevocabile.

Frauto ed Effe Motors

Il meccanismo fraudolento attuato dagli indagati è stato volto a garantire ai fratelli Frascati la continuità nella gestione della Frauto S.r.l., in seguito al sequestro e successiva confisca di cui sopra. Per tale scopo, gli ex dipendenti della Frauto S.r.l., con il contributo agevolatore di Elvira Cocchiarale ed Emilio Angelo Romeo, cugini e collaboratori fidati dei fratelli Frascati, hanno costituito la cooperativa Effe Motors, tramite la quale chiedevano ed ottenevano dall’Agenzia del Demanio la concessione a titolo gratuito del patrimonio aziendale della Frauto S.r.l., avvalendosi della normativa allora in vigore, volta a tutelare i livelli occupazionali delle aziende soggette a confisca. Sono state esaminate le fasi che hanno portato alla nascita, sequestro e confisca della Frauto S.r.l., ed alla conseguente formazione della società cooperativa Effe Motors che oggi gestisce il patrimonio in ragione di una concessione a titolo gratuito da parte del Demanio dello Stato. Dal compendio delle risultanze investigative è emerso una continuità tra la Frauto e la Effe Motors, con una perfetta sovrapposizione di ruoli e competenze che i Frascati hanno mantenuto invariati nel tempo, anche e soprattutto grazie alla fattiva collaborazione dei loro storici dipendenti che “formalmente” amministravano, per giunta gratuitamente, il patrimonio che lo Stato ha dapprima sequestrato e successivamente confiscato ai Frascati, poiché riconosciuto ufficialmente quale provento di attività delittuosa. É emerso, in sostanza, dall’attività di indagine come l’attività di rivendita auto venisse gestita interamente da Paolo e Demetrio Frascati, laddove i soci, anche quelli inseriti formalmente ai vertici dell’organigramma dell’ente (quali presidente e consiglieri di amministrazione) erano ai predetti subordinati, eseguendo le direttive da questi ultimi impartite ed a loro tenuti a rendere conto per tutto ciò che concerne il rapporto lavorativo alle dipendenti della società.

Le intercettazioni

Il quadro indiziario sottoposto alla valutazione del gip è costituito da copioso materiale intercettivo ed attività di osservazione che hanno fatto ritenere la gestione diretta della società cooperativa Effe Motors da parte dei fratelli Demetrio e Paolo Frascati, consentendo di ricostruire in dettaglio il reato di trasferimento fraudolento di valori realizzato, appunto, dai Frascati attraverso la creazione della Effe Motors. Sono stati, inoltre, espletati accertamenti finalizzati alla ricostruzione dell’iter procedurale che ha portato all’affitto a titolo gratuito dei beni della ex Frauto alla cooperativa Effe Motors. Dalla disamina della documentazione acquisita è stato possibile rilevare che nell’iter amministrativo in parola vi sono state, in più occasioni, lacune procedurali, evidentemente dovute a superficialità dei funzionari/dirigenti che nel tempo si sono succeduti, oltre che evidenti difetti di comunicazione tra le varie amministrazioni interessate. Le investigazioni si sono incentrare anche sugli accertamenti di natura patrimoniale, svolti dalla Compagnia di Reggio Calabria della Guardia di Finanza, a carico dei Frascati, i cui esiti hanno evidenziato significativi elementi sperequativi che hanno contraddistinto le condotte “anomale” di Elvira Cocchiarale e del cugino Demetrio Frascati, le cui entrate lecite e note all’Erario confrontate con il costo della vita media annuale, hanno fatto emergere gravi incompatibilità rispetto ai loro beni posseduti ed ai risparmi accumulati. L’attività nel suo complesso ha consentito di porre sotto sequestro beni per un valore complessivo di circa 10 milioni di euro. Ad esito dell’attività di esecuzione entrambi gli arrestati, sono stati associati presso la Casa Circondariale di Reggio Calabria a disposizione dell’Autorità Giudiziaria.

Tentata estorsione a Reggio, colpito il gruppo imprenditoriale dei Frascati (NOMI)

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