di Gabriella Passariello- Dall’omicidio colposo, all’omicidio volontario mediante omissione. Ma anche introduzione, o abbandono di animali nel fondo altrui, pascolo abusivo, invasione di terreni ed edifici. Si aggrava per la Procura la posizione del pastore, Pietro Rossomanno, 46enne, residente a Satriano e accusato del brutale assassinio della ventenne Simona Cavallaro, sbranata da un branco di cani, in località Monte Fiorino, nel Comune di Satriano nel Catanzarese, il 26 agosto dell’anno scorso. Dalla semplice iscrizione nel registro degli indagati agli arresti domiciliari con il divieto di comunicare con persone diverse da coloro che coabitano con lui.
“L’indagato un superficiale, scarsamente riflessivo. Ma non c’è dolo”
“L’indagato un superficiale, scarsamente riflessivo. Ma non c’è dolo”
Una misura cautelare necessaria per il gip del Tribunale di Catanzaro Antonio Battaglia per evitare che l’indagato continui ad esercitare l’attività di pastorizia in luoghi aperti con rischio per l’altrui incolumità. Sussiste il pericolo di reiterazione del reato e per il giudice che ha vergato l’ordinanza, il comportamento tenuto da Rossomanno “palesa evidente sprezzo per le basilari norme comportamentali nello svolgimento delle sua attività lavorativa”, un comportamento che denota un totale disinteresse per le più elementari regole sociali. Un soggetto scarsamente riflessivo, lo definisce il gip, incapace di ponderare le conseguenze delle sue azioni. La possibilità che possano verificarsi tragedie simili viene avvalorata dalla circostanza che Rossomanno, dopo la cattura dei cani si è subito attivato per procurarsene dei nuovi. Ma c’è un ma e non di poco conto. Per il gip il reato va riqualificato da omicidio volontario, in omicidio colposo: il comportamento del pastore è di assoluto disinteresse e sciatteria nella gestione del suo gregge e dei cani al seguito, ma non esiste il dolo ravvisato invece dalla Procura, tale da concedere la misura cautelare in carcere.
Le testimonianze di una donna e di un gruppo di ciclisti
Gli inquirenti sono riusciti ad individuare alcune persone che avevano segnalato episodi di aggressioni dei cani che potessero in qualche modo essere ricondotti a Rossomanno. Una donna in particolare dichiara che a maggio dell’anno scorso è stata intimorita da un branco di cani a guardia di un gregge, accerchiata: i cani iniziano ad abbaiare e ringhiare, fino a quando il pastore non li ha richiamati. Un’altra segnalazione riguarda un gruppo di ciclisti che qualche mese prima si imbattono in un gregge e nei cani al seguito e tentano di aggredirli, riferendo una certa somiglianza con il pastore che era intervenuto in un secondo momento, ma nulla di certo sulla riconducibilità di quell’uomo a Rossomanno.
Il giudice: “Non è omicidio volontario, ma colposo”
Il pm, per accertare se vi fossero stati casi simili, nella sua ricostruzione ha riportato quattro pregressi episodi dei quali tuttavia solo uno è con certezza riconducibile al gregge e ai cani di proprietà dell’indagato, mentre nelle altre circostanze le dichiarazioni dei testimoni sono generiche e non riconducibili alla persona di Rossomanno. La ripetitività della condotta è esclusa dal fatto che dai racconti delle vittime delle aggressioni, si desume che il pastore era presente sul posto in almeno due occasioni, avvalorando un comportamento negligente, ma inconsapevole delle conseguenze che ne sarebbero potute derivare. A differenza di quanto riportato dal magistrato nella richiesta, per il gip non risulta che “ il pastore abbia addirittura ripetuto la condotta il giorno successivo al fatto consentendo al gregge di pascolare con i cani in sua assenza”. L’annotazione della pg evidenzia che Rossomanno era giunto nei pressi della pineta intorno alle 18, partecipando alle operazioni di cattura dei cani, interrotte a causa del buio e riprese la mattina successiva con l’aiuto anche del personale della locale Asp. Anche in questa seconda occasione il pastore era presente e ha collaborato “alle operazioni di circoscrizione del gregge e alla cattura del branco dei cani, poi conclusa grazie all’intervento del veterinario che ha consentito di neutralizzare dieci cani con la teleanestesia. “Rossomanno ha collaborato, il suo è un atteggiamento-insiste il gip- riconducibile alla colpa e non al dolo”.
Le urla di aiuto, i soccorsi e la scena straziante
Simona, il 26 agosto dello scorso anno, con un suo amico va nella pineta di Monte Fiorino, una sorta di sopralluogo dell’area pic-nic attrezzata, per organizzare un’uscita con gli amici la domenica successiva. Mentre i giovani perlustrano la zona, arriva un gregge accompagnato da alcuni cani, i quali si mostrano docili e tranquilli, al punto che l’amico registra un video di Simona insieme agli animali, suggerendo di attendere il passaggio del gregge all’interno di una struttura, simile ad una chiesa in legno dove si reca con Simona. Lei poco dopo decide di uscire. Entrambi, fischiano e urlano, tentando invano di richiamare l’attenzione del pastore, pensando fosse nelle vicinanze. Poco dopo un cane inizia ad abbaiare contro Simona, provocando l’arrivo di altri animali, che divenuti aggressivi accerchiano la ragazza, costringendola a fuggire in direzione opposta al rifugio. Il suo amico la perde di vista, sente solo le urla di aiuto, chiama le Forze dell’ordine, contatta i soccorsi e subito dopo allerta la madre di Simona e un’altra persona. Dopo circa un’ora l’arrivo dei carabinieri che trovano all’interno della chiesetta l’amico della ventenne e i militari iniziano a difendersi dai cani inferociti presenti in zona, al punto da dover sparare un colpo di pistola per allontanarli. Subito dopo iniziano le ricerche della ragazza, il cui corpo viene ritrovato dilaniato, ormai esanime tra gli alberi. I carabinieri si trovano nuovamente accerchiati dal branco e il comandante della Polizia locale spara tre colpi di pistola per farli andar via ed evitare ulteriori ferimenti. Verso le 18, durante le operazioni di recupero della salma nella pineta, arriva Rossomanno e riferisce di essersi recato sul posto con il preciso scopo di radunare il gregge per riportarli nella sua azienda agricola. Gli investigatori vanno all’ovile ubicato a circa 150 metri dal luogo del ritrovamento del corpo senza vita di Simona, appurando la presenza di 13 pastori maremmano seduti a guardia del gregge di proprietà del pastore. Alcuni cani presentano macchie di sangue in corrispondenza della testa e del collo. Gli ulteriori accertamenti hanno consentito di stabilire che l’ovile era abusivo, realizzato in muratura e che non era stato eseguito l’ordine di demolizione emesso dal Comune di Satriano.
Le dichiarazioni contraddittorie dell’indagato
E’ indubbio che la condotta gravemente colposa dell’indagato va ascritta ad un atteggiamento superficiale che si desume dalle deboli motivazioni date circa la sua assenza: in sede di spontanee dichiarazioni riferisce di non essere andato dal gregge perché aveva mal di denti, mentre dalle indagini emerge come lui si sia intrattenuto nel bar del paese consumando una bevanda, “ma non poteva essere consapevole di quello che da lì a poco sarebbe successo a Simona”. L’attività investigativa converge nel ricondurre la morte della ragazza all’aggressione subita dal branco di cani poi catturati.
Il ruolo dell’amico di Simona
Russomanno è stato sottoposto a guardare il video girato dall’amico di Simona prima dell’aggressione, circondata dai cani riconoscendone la proprietà. I cani seguono i movimenti del gregge sia durante il pascolo che quando sosta davanti all’ovile senza mai allontanarsi dalla località di Monte Fiorino. L’indagato ha il potere di direzionare i cani e ne ha dato dimostrazione il 27 agosto 2021 quando ha ricoperto un ruolo fondamentale ai fini delle operazioni di cattura. Le dichiarazioni rese dall’amico di Simona, ampie, ripetute, complete, oltre a risultare fondamentali per la completa ricostruzione della vicenda, trovano riscontro sia dalle dichiarazioni dei militari intervenuti nell’immediatezza dei fatti sia da quanto riferito della madre, che ha precisato come il figlio le avesse inviato una richiesta di aiuto dopo le 15 di quel maledetto 26 agosto 2021. La circostanza che Russomanno fosse assente il giorno in cui è accaduta la tragedia risulta comprovata dalle immagini acquisite dal sistema di video sorveglianza comunale.
L’interrogatorio di garanzia
L’indagato assistito dal legale Vincenzo Cicino potrà il 5 aprile prossimo, davanti al gip firmatario dell’ordinanza, decidere di avvalersi della facoltà di non rispondere o fornire la sua versione dei fatti contestando le ipotesi di accusa.
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