Basso Profilo, il Riesame sui Brutto: “Cerniera tra corrotto e corruttore. Privi di scrupoli”

I giudici spiegano le ragioni per cui Tommaso Brutto e il figlio Saverio devono restare ai domiciliari nonostante l'esclusione dell'aggravante mafiosa
Tommaso Saverio Brutto

di Gabriella Passariello- Privi di scrupoli, disposti a legare le loro sorti all’imprenditore Antonio Gallo, di cui conoscevano i trascorsi delinquenziali e la vicinanza alla ’ndrangheta. “Hanno favorito e assecondato i progetti di ascesa di Gallo, presentandogli appartenenti alle Forze dell’ordine infedeli, disposti a negoziare le informazioni riservate provenienti da ambienti interni all’autorità giudiziaria, cedendo al fascino del potere economico e delle risorse relazionali di Gallo”. I giudici del Riesame di Catanzaro, presidente Giuseppe Valea, a latere Michele Cappai e Mariarosaria Migliarino spiegano perché pur riqualificando il voto di scambio politico mafioso in corruzione elettorale ed escludendo l’aggravante mafiosa dai reati di rivelazione, utilizzazione del segreto di ufficio e corruzione in concorso, hanno deciso di confermare l’ordinanza agli arresti domiciliari per Tommaso Brutto e il figlio Saverio, rispettivamente ex consiglieri del Comune di Catanzaro e di Simeri Crichi, indagati nell’inchiesta della Dda Basso Profilo anche per associazione a delinquere.  “Il ricorso al pagamento di tangenti e mazzette rende l’idea della particolare inclinazione degli indagati a vestire i panni di corruttori, disposti a remunerare l’attività di dipendenti pubblici pur di soddisfare i propri interessi illeciti”. Esistono le esigenze cautelari e il pericolo di reiterazione del reato non si riduce per il fatto che i due indagati ora siano impegnati in attività edilizie: potrebbero servirsi di tutti i contatti maturati nel corso del periodo in cui sono stati sottoposti ad indagine per ottenere commesse pubbliche o comunque allargare l’ambito di relazioni commerciali della neo costituita realtà imprenditoriale.

 L’accordo corruttivo

 L’accordo corruttivo

 Un patto, un comitato di affari, un sodalizio in cui i Brutto assumono il ruolo di intermediari tra il maresciallo Ercole D’Alessandro e Antonio Gallo: il finanziere si sarebbe prodigato per reperire informazioni sulle inchieste in cui era coinvolto Gallo, rassicurando lo stesso e i Brutto sul fatto che al momento giusto sarebbe intervenuto per affossarle e l’imprenditore in cambio di notizie riservate avrebbe fatto entrare il figlio di D’Alessandro nella sua società costituita in Albania, così come avrebbe fatto entrare il figlio di Brutto. Per i giudici del collegio, l’interesse che ha animato Gallo e che lo ha portato a coinvolgere i Brutto e D’Alessandro nell’operazione commerciale avviata in Albania non è stato di carattere economico. Gallo, unico finanziatore del progetto aveva in mente di ottenere ben altro in cambio del suo impegno economico: l’acquisizione di notizie di indagini che lo riguardavano. Dalle conversazioni intercettate emerge che Gallo in quel periodo era tormentato dal pensiero di un suo possibile coinvolgimento in altre operazioni di polizia giudiziaria con imputazioni ben più gravi rispetto a Borderland, dove se l’era cavata con l’accusa di trasferimento fraudolento di valori, ed è proprio per questo, ad avviso del Riesame, che ha colto al balzo l’occasione di coinvolgere Gallo, presentatogli dai Brutto, nell’affare, quello albanese, che lo avrebbe potuto porre in una situazione di comunanza di interessi legandone le sorti imprenditoriali. Aveva deciso di portare dentro l’affare anche i Brutto che sapeva essere conoscenti di D’Alessandro, facendo leva sulla situazione di Saverio Brutto alla ricerca di opportunità lavorative. Entrambi i Brutto e D’Alessandro avevano accettato di partecipare all’affare, allettati dalla sua straordinaria convenienza sul piano economico, dalle notevoli prospettive di arricchimento e dalla sistemazione lavorativa assicurati ai giovani Luciano D’Alessandro e Saverio Brutto.

L’associazione a delinquere

Ritiene il Collegio correttamente individuato dal gip l’accordo corruttivo, che ha visto Gallo in veste di corruttore e D’Alessandro nella veste di corrotto e in questo contesto i Brutto avrebbero agito come soggetti intermediari dell’accordo corruttivo, mettendo in relazione corrotto e corruttore. “Tommaso Brutto ha inoltre chiaramente svolto il ruolo di confidente e complice principale di Gallo nell’opera intesa a indurre D’Alessandro a reperire le informazioni richieste dallo stesso Gallo”. I Brutto sapevano quello che il maresciallo avrebbe fatto dopo essersi accordato con Gallo. Nella conversazione dell’1 giugno 2017 Tommaso Brutto riferisce a Gallo di aver parlato con D’Alessandro, dal quale aveva saputo che avrebbe fatto “qualche indaginetta vera e propria… che poi so come si fa… gli prende la pratica e se la vede lui, la ammuccia e al momento giusto… capito!!!”. A riprova della conoscenza del piano criminale di Gallo, pienamente condiviso dai Brutto, la circostanza che gli stessi, prima ancora di mettersi in contatto con D’Alessandro, avrebbero cercato altri canali per avvicinare il maresciallo Mari. Il progetto di espansione economica in Albania si presentava nelle intenzioni degli indagati come più facilmente perseguibile attraverso gli agganci di cui D’Alessandro ha dichiarato di poter disporre nelle istituzioni pubbliche locali, contatti di cui gli indagati intendevano avvalersi per elargire tangenti ed ottenere più agevolmente commesse pubbliche.

Il ruolo dell’ex assessore regionale

I Brutto e Gallo erano accumunati dall’intenzione di allargare la cerchia e la qualità delle loro conoscenze e relazioni sociali, politiche e imprenditoriali e per questo hanno deciso di portare nel loro comitato di affari l’ex assessore Francesco Talarico, su cui puntavano per innalzare ulteriormente la qualità del gruppo,  offrendogli un appoggio totale, investendo sulla sua candidatura e presenziando nel suo comitato elettorale la notte dello spoglio delle urne, rendendo evidente il loro interesse strumentale alla sua elezione. Del resto i Brutto e Gallo sapevano che con l’ingresso di Talarico nel loro gruppo, avrebbero potuto contare sui più elevati contatti e rapporti di cui disponeva Talarico, il quale gli ha organizzato un incontro a pranzo a Roma il 7 luglio 2017 con l’onorevole Lorenzo Cesa. L’europarlamnetare avrebbe potuto indirizzarli verso politici albanesi, creando buoni contatti da sfruttare per la buona riuscita del loro affare in Albania. Nell’ambito del contesto associativo il ruolo di Tommaso Brutto e Saverio Brutto è stato quello di un vero e proprio trait d’union tra Gallo, dotato di potere economico, D’Alessandro e Talarico, associati inseriti in tessuti relazionali istituzionali, in grado di fornire informazioni riservate e l’appoggio richiesto per l’ascesa economica e di potere del gruppo.

 La corruzione elettorale

Il collegio ha riqualificato il reato di voto di scambio politico mafioso in corruzione elettorale: i Brutto hanno suggerito a Talarico di affidarsi a Gallo di cui avevano saggiato l’intraprendenza e di cui conoscevano potenzialità e capacità di procacciamento di voti utili alla causa dell’ex assessore. E sapevano che l’imprenditore era interessato ad amicizie aventi incarichi istituzionali, che lo avrebbero potuto favorire, facendogli conoscere altre persone importanti, che gli sarebbero potuti tornare utili per realizzare il suo progetto di espansione imprenditoriale. L’interesse dei Brutto era quello di vedere accresciuto il loro prestigio personale oltre che di trovare una sistemazione lavorativa per Saverio Brutto, “ma non erano a conoscenza dell’attuale spessore criminale di Gallo e seppure si volesse ammettere che sapessero dei suoi rapporti attuali con esponenti della ‘ndrangheta, non sarebbe sufficiente ad integrare la gravità indiziaria del voto di scambio politico mafioso, non risultando che Gallo si sia avvalso dei suoi rapporti per ottenere promesse di voto in favore del candidato Talarico”.

 Ecco perché è stata esclusa l’aggravante mafiosa

I Brutto erano a conoscenza del coinvolgimento di Gallo nell’operazione Borderland che ha interessato il clan Trapasso di San Leonardo di Cutro e sapevano che l’imprenditore era coinvolto in ben altri traffici con gli esponenti del clan e in questa prospettiva, per il Riesame, è corretta l’affermazione dello stesso pm secondo cui i Brutto sapevano dei passati delinquenziali di Gallo, entrando in affari con lui pur essendo a conoscenza che era un imprenditore “in odore di ‘ndrangheta”. “Vi è però da rilevare che non risulta che i Brutto sapessero delle ulteriori attività delinquenziali di Gallo nel periodo in cui ha cooperato il comitato di affari . Le risultanze investigative hanno dimostrato che Gallo parallelamente alle attività svolte con i Brutto, si occupava di  falsa fatturazione per operazioni inesistenti e coltivava rapporti con esponenti della ‘ndrangheta crotonese, ai quali ha anche versato diverse somme di denaro, come forma di contribuzione alle loro organizzazioni criminali”. Tuttavia non esiste la prova che i Brutto ne fossero a conoscenza e questo impedisce ad avviso del collegio configurabile nei confronti degli indagati l’aggravante delle modalità mafiose. L’aggravante mafiosa, in sostanza poteva essere contestata agli indagati qualora fossero stati a conoscenza del fatto che Gallo in quel periodo avesse apportato una qualche forma di agevolazione alle associazioni di stampo mafioso del proprio territorio.

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