Referendum sulla giustizia “silenziati” dal mainstream. I 5 quesiti che possono cambiare l’Italia

I 5 referendum che saranno votati il 12 giugno sono più importanti delle amministrative. Decisivi per il contrasto alla criminalità e non solo
referendum sulla giustizia

Sono passati circa venti anni da quando Silvio Berlusconi aveva proposto una decisiva riforma della Giustizia. La sinistra intera aveva (giustamente) innalzato le barricate. La storia ci ha fatto capire che il contrapposizione derivava esclusivamente dal fatto di bloccare l’idea di Berlusconi. I vertici della sinistra bramavano la riforma più degli altri, in modo da ottenere “due piccioni con una fava”: da un lato apparire agli elettori quali (falsi) giustizialisti, quindi schierati con la legalità, dall’altro avrebbero potuto arginare, qualora la riforma fosse stata approvata, in qualche modo il presunto potere dei magistrati che stava stretto anche all’intera sinistra. Che furbacchioni.

Dopo 20 anni, con il Governo di larga intesa, in cui l’intera sinistra, parte della destra, compresa l’ala politica dei 5 stelle, ad esclusione di quelli che hanno abbandonato il movimento, nonché l’intero partito di Fratelli d’Italia, hanno approvato la riforma Cartabia. Una sorta di amnistia nascosta alla quale, in silenzio, senza mai profferire parola, tutti hanno aderito. Eppure i cinque stelle che tanto avevano declamato la riforma della prescrizione, facendone un campo di battaglia nel corso della campagna elettorale, hanno appoggiato una riforma che è totalmente opposta a quelle che erano le loro idee, almeno inizialmente, sul tema della Giustizia.

Dopo 20 anni, con il Governo di larga intesa, in cui l’intera sinistra, parte della destra, compresa l’ala politica dei 5 stelle, ad esclusione di quelli che hanno abbandonato il movimento, nonché l’intero partito di Fratelli d’Italia, hanno approvato la riforma Cartabia. Una sorta di amnistia nascosta alla quale, in silenzio, senza mai profferire parola, tutti hanno aderito. Eppure i cinque stelle che tanto avevano declamato la riforma della prescrizione, facendone un campo di battaglia nel corso della campagna elettorale, hanno appoggiato una riforma che è totalmente opposta a quelle che erano le loro idee, almeno inizialmente, sul tema della Giustizia.

Un silenzio assordante interrotto solo dal procuratore Gratteri che ha urlato in tutti i modi le nefandezze di tale riforma. Si è trovato difronte ad un muro di gomma che, insieme ad altre cause “esterne”, gli è costata la nomina a Procuratore Nazionale Antimafia e Antiterrorismo. La sciagura non è finita. Tutti sono impegnati in questi giorni nella campagna elettorale che si concluderà il 12 giugno. Tutti pensano ad occupare un posto in qualche consiglio comunale per assicurarsi una fetta di potere, nessuno sta parlando dei cinque referendum che saranno votati il 12 giugno che sono più importanti delle elezioni amministrative e che saranno decisivi per il contrasto alla criminalità ed al buon (si spera) andamento della pubblica amministrazione.

L’incandidabilità dei politici condannati

Il primo quesito riguarda l’incandidabilità dei politici condannati. Nel nostro Paese i condannati in via definitiva, responsabili di gravi reati penali, non possono candidarsi alle elezioni, né assumere cariche pubbliche. Chi è già stato eletto, decade automaticamente. Attualmente, gli eletti in un ente locale ( sindaci, consiglieri, assessori) vengono  automaticamente sospesi dopo la sentenza di primo grado, sebbene non sia subentrata la condanna definitiva, ovvero il terzo grado di giudizio.

In caso di vittoria del “sì”, sia l’incandidabilità per i condannati in via definitiva, sia la sospensione per gli eletti in enti locali, non saranno più automatiche ma saranno decise da un giudice caso per caso. In sintesi, coloro che votano il “sì”,  sostengono che la legge penalizza gli amministratori locali che vengono sospesi senza condanna definitiva, esponendoli alla pubblica condanna anche nel caso in cui si rivelino poi innocenti. Coloro che sostengono il “no” sottolineano che se questa legge verrà abolita, i parlamentari, i sindaci e gli amministratori condannati per mafia, corruzione, concussione o peculato potranno tornare a candidarsi e a ricoprire cariche pubbliche.

Limitazione delle misure cautelari

Secondo quesito: limitazione delle misure cautelari. Le misure cautelari sono provvedimenti di esclusiva competenza del giudice che limitano la libertà di una persona sottoposta ad indagine che, allo stato attuale, possono essere applicata solo in tre casi: pericolo di fuga, alterazioni delle fonti prova e reiterazione del reato.

Se vince il “sì”, viene eliminata la reiterazione del reato dalle motivazioni per disporre misure cautelari, quindi restano esclusivamente: il pericolo di fuga e di alterazione delle prove. Chi è per il “no” sostiene che se cambia la legge sarà molto difficile applicare misure cautelari a persone indagate per gravi reati, pertanto non ci sarebbe alcuna garanzia di non sottoporre a misure cautelari persone innocenti, poiché le altre motivazioni rimangono applicabili. Se vuoi eliminare l’applicabilità delle misure cautelari in caso di ripetizione del reato vota “sì”, altrimenti vota “no”.

Separazione delle carriere

Terzo quesito: separazione delle carriere nella giustizia. Nel corso della carriera, i magistrati possono transitare più volte dal ruolo di pubblici ministeri (cioè coloro che si occupano delle indagini insieme alle forze dell’ordine e svolgono la parte dell’accusa) al ruolo di giudici (cioè coloro che emettono le sentenze sulla base delle prove raccolte e del contradditorio tra l’accusa e la difesa). Se vince il “sì” i magistrati dovranno scegliere, all’inizio della loro carriera, se svolgere il ruolo di giudici oppure di pubblici ministeri, per poi mantenere quel ruolo per tutta la vita.

Elezione del Consiglio superiore della magistratura

Quarto quesito: elezione del Consiglio superiore della magistratura. Il Consiglio superiore della magistratura è l’organo di autogoverno della magistratura, con lo scopo di mantenerla indipendente rispetto agli altri poteri dello Stato. È composto da 24 membri, eletti per un terzo dal Parlamento e per due terzi dai magistrati. Oggi, per candidarsi, è necessario presentare almeno 25 firme di altri magistrati a proprio sostegno. Queste firme, oggi, sono spesso fornite col supporto delle varie correnti politiche interne alla magistratura.

Valutazione dei magistrati

Quinto quesito: valutazione dei magistrati. In Italia, i magistrati vengono valutati ogni quattro anni sulla base di pareri motivati, ma non vincolanti, dagli organi che compongono il Consiglio superiore della magistratura e il Consiglio direttivo della Corte di Cassazione. In questi organi, insieme ai magistrati, ci sono anche avvocati e professori universitari, ma soltanto i magistrati possono votare nelle valutazioni professionali degli altri magistrati. Se vince il “sì” anche avvocati e professori universitari avrebbero il diritto di votare sull’operato dei magistrati.

Chi è per il “sì” sostiene che questa riforma renderebbe la magistratura meno autoreferenziale e la valutazione dei magistrati più oggettiva. Chi è per il “no” è convinto che non sia opportuno dare agli avvocati il ruolo di valutare i magistrati, dato che nei processi i pubblici ministeri rappresentano la controparte degli avvocati. Le valutazioni potrebbero, per questo motivo, essere pregiudizievoli e ostili. Allo stesso modo, i magistrati potrebbero essere influenzati dal trovarsi di fronte a un avvocato coinvolto nella sua valutazione professionale. Riflettete gente, riflettete. Il 12 giugno può cambiare l’Italia. (g.l.)

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