“Cerchiamo assieme le soluzioni per costruire la civiltà dell’amore”. Lo ha detto l’arcivescovo metropolita di Catanzaro-Squillace. Monsignor Vincenzo Bertolone, presidente della Cec, nel corso dell’omelia pronunciata per la celebrazione di San Vitaliano, patrono del capoluogo calabrese. “Gesù – ha esordito monsignor Bertolone – si serve di due immagini, semplici e suggestive, per rivelarci la verità sul nostro essere e il nostro operare da cristiani, ovvero sul nostro esserci come discepoli di Cristo e figli di Dio.
Le due immagini sono il sale e la luce: preziosi tesori custoditi in vasi di creta, da non conservare, ma da travasare nei luoghi in cui si è perduto il gusto e la speranza di una vita da vivere perché qualcuno ha spento in noi la fiducia”. Due immagini all’apparenza poco simili, ma in realtà complementari. “Siamo sale – ha aggiunto l’arcivescovo di Catanzaro-Squillace – quando esprimiamo nella vita il primato di Dio e manifestiamo il sapore divino in ogni pensiero, parola e gesto. Il discepolo è colui che alla insipienza del mondo, con la sua visione distorta della vita, contrappone la sapidità e la sapienza di Dio, e quindi deve sapersi confondere con gli altri, sciogliersi per gli altri”. Ancora più necessaria all’esistenza umana appare la luce, senza la quale l’uomo non riuscirebbe a orientarsi nel mondo: “L’immagine della luce è biblica. Quella candela accesa nel giorno del nostro Battesimo altro non è che la luce di Cristo, ci è stata data in dono perché la custodissimo e la condividessimo, cioè fare in modo che non si spenga mai. E così rendere visibile ciò che è invisibile, dare ragione della nostra speranza e della nostra gioia”.
Le due immagini sono il sale e la luce: preziosi tesori custoditi in vasi di creta, da non conservare, ma da travasare nei luoghi in cui si è perduto il gusto e la speranza di una vita da vivere perché qualcuno ha spento in noi la fiducia”. Due immagini all’apparenza poco simili, ma in realtà complementari. “Siamo sale – ha aggiunto l’arcivescovo di Catanzaro-Squillace – quando esprimiamo nella vita il primato di Dio e manifestiamo il sapore divino in ogni pensiero, parola e gesto. Il discepolo è colui che alla insipienza del mondo, con la sua visione distorta della vita, contrappone la sapidità e la sapienza di Dio, e quindi deve sapersi confondere con gli altri, sciogliersi per gli altri”. Ancora più necessaria all’esistenza umana appare la luce, senza la quale l’uomo non riuscirebbe a orientarsi nel mondo: “L’immagine della luce è biblica. Quella candela accesa nel giorno del nostro Battesimo altro non è che la luce di Cristo, ci è stata data in dono perché la custodissimo e la condividessimo, cioè fare in modo che non si spenga mai. E così rendere visibile ciò che è invisibile, dare ragione della nostra speranza e della nostra gioia”.
Monsignor Bertolone ha poi aggiunto: “La festa del nostro Patrono ci offre l’occasione per individuare le zone d’ombra, sia nostre sia quelle dei catanzaresi. Pur avendo ricevuto col Battesimo lo Spirito Santo, spesso siamo insensibili, duri di orecchi, ciechi e con il cuore di sasso. Se le città hanno un’anima, come diceva il sindaco di Firenze, Giorgio La Pira, bisogna illuminarne bene il fondo, per trovarvi il volto più vero. Il Maligno è sempre in agguato, pronto a oscurare il volto luminoso di una Catanzaro che conosce e apprezza i valori positivi scritti nel profondo della sua coscienza e attendono di essere nuovamente messi in luce: bene, verità, giustizia, legalità.
Oltre a questi valori – ha evidenziato l’arcivescovo metropolita di Catanzaro-Squillace – vanno riscoperti quelli che ci fanno riconoscere come strutturalmente in rapporto: figli e genitori, sorelle e fratelli, generazioni adulte e generazioni giovani. Lasciamoci interrogare dalla nostra tradizione storica, culturale e turistica, nella conoscenza sempre nuova delle persone, cerchiamo assieme le soluzioni per costruire la civiltà dell’amore qui a Catanzaro e in tutta l’arcidiocesi”. Monsignor Bertolone ha, infine, ricordato che “San Vitaliano aveva accettato il suo ministero come servizio sacrificandosi, pur di tutelare il bene e la pace del suo popolo. Egli invita tutti, in particolare gli amministratori, a mettere da parte i propri interessi e a impegnare tempo e forze per il bene della cittadinanza. Ciò favorirà il nascere o l’irrobustirsi del senso civico, della compartecipazione alla vita pubblica e del dinamismo con cui gruppi e persone, distinti per cultura, appartenenza, competenze, possono concorrere a costruire la comunità di Catanzaro”.