‘Quinta Bolgia’, Cassazione annulla divieto dimora ex deputato Galati

La Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio il provvedimento del Tribunale del Riesame di Catanzaro che aveva disposto il divieto di dimora in Calabria a carico dell’ex parlamentare Pino Galati, indagato nell’ambito dell’inchiesta “Quinta Bolgia” condotta dalla Dda. In particolare, la Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’ex deputato contro l’ordinanza del Riesame che a fine novembre scorso aveva sostituito gli arresti domiciliari, disposti a carico di Galati dal Gip di Catanzaro, con la misura del divieto di dimora. Secondo l’ipotesi accusatoria, Galati avrebbe agevolato cosche della ‘ndrangheta di Lamezia Terme, nell’assegnazione di gare, appalti o posti di lavoro, soprattutto nel settore sanitario, in cambio di utilità elettorali: in particolare, l’ex parlamentare è accusato di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, aggravato dalle modalità mafiose.

Nelle motivazioni la Cassazione, definendo “fondato” il ricorso presentato dai difensori dell’ex deputato, Francesco Gambardella e Salvatore Cerra, in primo luogo ha dichiarato l’inutilizzabilità delle intercettazioni su Galati perché al tempo dei fatti contestati Galati era parlamentare ma – si legge nella sentenza – l’autorizzazione della Camera di appartenenza “non è stata richiesta”.

Nelle motivazioni la Cassazione, definendo “fondato” il ricorso presentato dai difensori dell’ex deputato, Francesco Gambardella e Salvatore Cerra, in primo luogo ha dichiarato l’inutilizzabilità delle intercettazioni su Galati perché al tempo dei fatti contestati Galati era parlamentare ma – si legge nella sentenza – l’autorizzazione della Camera di appartenenza “non è stata richiesta”.

Nel merito, poi, la Suprema Corte definisce “del tutto evanescente la contestazione” a carico di Galati, osservando che “il pubblico ministero e il Gip hanno offerto ciascuno una diversa ricostruzione della condotta significativa e della relativa qualificazione giuridica e il Tribunale, rilevandone la evidente insostenibilità, ne ha offerto una ulteriore. In particolare – aggiunge la Cassazione – non vi è stata alcuna indicazione di una condotta caratterizzata da ‘materialità’” per realizzare il tentativo del reato della turbata libertà del procedimento di scelta del contraente. Secondo la Suprema Corte, inoltre, l’ordinanza del Gip impugnata dai legali di Galati “pur procedendo aduna nuova formulazione delle accuse, comunque dà atto che, all’esito dell’incontro incriminato, nulla di concreto è stato fatto dai presunti correi e, quindi, non risulta che il Galati abbia fatto nulla di più del mettere in contatto le parti interessate. Del resto – prosegue la Cassazione nella sentenza – il Tribunale sviluppa una serie di ipotesi alternative su quale potesse essere la ipotetica modalità di favorire il dato soggetto nella futura gara, così dimostrando che non vi sono elementi che consentano di andare oltre la mera congettura”.

La Cassazione quindi parla di “totale esclusione della gravità indiziaria per fatti penalmente rilevanti”, che “comporta l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata e di quella del Gip non potendosi prospettare – conclude la Suprema Corte – alcun possibile diverso risultato anche a seguito della ripetizione di un giudizio di merito”.

Redazione Calabria 7

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